Castelfranco, l’omaggio degli Uffizi
Protagonista della salvaguardia culturale in anni di barbarie. Funzionario dell’allora Soprintendenza, direttore delle collezioni di Palazzo Pitti, vittima delle Leggi razziste promulgate dal fascismo, clandestino operatore per la libertà del Paese e per l’integrità del suo patrimonio artistico. Conoscitore, fautore e mecenate dell’arte contemporanea.
Questa la chiave della mostra dedicata a Giorgio Castelfranco (1896-1978) “curatore, mecenate e difensore d’arte” inaugurata alla vigilia del Giorno della Memoria presso la Sala del Camino della Gallerie delle Statue e delle Pitture degli Uffizi. Curata da Claudio Di Benedetto e fortemente voluta dal direttore del museo Eike Schmidt, la mostra (visitabile fino al 26 febbraio) approfondisce il rapporto tra Castelfranco e l’arte contemporanea e il legame che lo stesso intrattenne con Giorgio De Chirico, del quale fu, oltre che amico, anche mecenate e collezionista. In esposizione, in prestito da Casa Siviero, ci sono quindi tre opere: Alexandros, Ritratto di Elide e Ritratto di Matilde Forti, che di Castelfranco fu la moglie.
”Una mostra piccola, ma particolarmente significativa. Queste tre opere sono infatti ciò che rimane della collezione di 35 De Chirico che Castelfranco fu costretto a vendere per far emigrare la famiglia dall’Italia. I quadri in esposizione esprimono inoltre il Castelfranco collezionista e mecenate in un luogo in cui è stato funzionario e in mezzo a opere che ha contribuito a recuperare quale Monument Man” spiega Di Benedetto a Pagine Ebraiche.
L’arte per esprimere valori forti, che uniscono. L’arte al servizio della collettività. Temi che stanno molto a cuore sia a Di Benedetto che al direttore Schmidt. “La mostra dedicata a Castelfranco – spiega quest’ultimo – è solo una nuova tappa di un percorso che vogliamo che prosegua nel tempo. Abbiamo iniziato nel 2016 con una giornata di studi dedicata a Cesare Fasola, che sorvegliò il patrimonio degli Uffizi e della Comunità ebraica fiorentina durante la guerra. Continueremo nei prossimi mesi, anche fuori dalla cornice del Giorno della Memoria. Stiamo lavorando ad esempio a un’iniziativa che unisca Firenze e Mauthausen e che prossimamente annunceremo. Nel gennaio del prossimo anno posso inoltre già anticipare che dedicheremo un’iniziativa al grande Carlo Levi”.
Storici, archivisti, enti. Tante le persone coinvolte in questo lavoro di approfondimento tra Arte, Storia e Memoria, tra cui la Consigliera UCEI Sara Cividalli.
In ricordo di Castelfranco, insieme alla mostra, si è anche svolta una qualificata giornata di studi che ha coinvolto, oltre agli Uffizi, la Regione Toscana, la Comunità ebraica, la Harvard University-Villa I Tatti, l’Istituto storico della Resistenza in Toscana, il Centro di Documentazione Storico-Etnografica (CEDSE). Ad intervenire anche Laura Forti, assessore alla Cultura della Comunità ebraica.
Adam Smulevich
(Nell’immagine Schmidt e Di Benedetto all’inaugurazione della mostra)
Nell’ambito delle manifestazioni dedicate alla giornata della Memoria, per iniziativa del Direttore della Galleria degli Uffizi, Eike D.Schmidt, è stata ricordata la figura di Giorgio Castelfranco, curatore, mecenate, difensore d’arte.
Giorgio (Venezia 1896 – Roma 1978), ultimo dei cinque figli del modenese Adolfo Castelfranco, conservatore delle Ipoteche, e della senese Elisa Forti, di una delle più importanti famiglie di quella Comunità, anche se è nato a Venezia nel 1896, può considerarsi cittadino fiorentino essendovi arrivato nel 1914 ed avendo qui studiato laurendosi in Lettere nel 1921 dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale; subito ferito gravemente fu nel 1916 decorato con la medaglia d’argento per la mutilazione subita.
A Firenze si è sposato con la cugina Matilde Forti stabilendosi nella sua casa, sul lungarno Serristori, passata poi in proprietà all’amico Rodolfo Siviero nel 1938 per salvare quella che era stata un punto di riferimento per cultori dell’arte e in particolare per gli amici Giorgio De Chirico e Alberto Savinio, nome d’arte del fratello di Giorgio.
Funzionario delle Belle Arti dal 1926 dopo la guerra riprese la sua opera in particolare impegnandosi con Siviero nel recupero delle opere d’arte trafugate.
La mattinata di studio, dopo i vari saluti istituzionali, tra i quali quello di Laura Forti per la Comunità ebraica, si è aperta con l’intervento di Paola Nicita che ha dettagliatamente esposto l’attività del Castelfranco sia in ambito culturale che nel suo lavoro: qui vogliamo solo ricordare il suo allontanamento da Firenze con un incarico temporaneo a Modena, richiesto dal Ministero perché Hitler, nelle sua visita alla Galleria di Pitti nel 1938 non vi trovasse un direttore ebreo.
Quindi Marta Baiardi, profonda conoscitrice del periodo delle persecuzioni nazifasciste, ha ricostruito anche quel periodo della vita di Giorgio Castelfranco costretto a vendere gran parte della sua collezione per far proseguire ai figli gli studi in Usa e ha esposto anche le sofferenze di tutta la sua famiglia paterna proiettando un’intervista rilasciata dalla nipote Sonia Oberdorfer, ormai quasi centenaria, che molti ricordano ancora docente di dattilo e stenografia nelle classi tecniche della scuola gestita dalla Comunità negli anni 1939-1943 e che dopo ha con impegno lavorato per riordinare l’archivio.
Hanno fatto seguito le relazioni di Attilio Tori su “Giorgio Castelfranco, mecenate e collezionista”, di Alessia Cecconi sulla sua opera di tutela negli anni 1943-44 quando aveva superato la linea del fronte e subito ripreso il suo lavoro, di Francesca Cavarocchi sul recupero, negli anni 1946-48, delle opere d’arte al Collecting Point di Monaco di Baviera, città dove erano state portate tutte le opere trafugate, e di Emanuele Greco su “Giorgio Castelfranco, studioso e didatta”.
Lionella Viterbo
(24 gennaio 2017)