Qui Genova – Educati alla guerra
Quali furono le premesse ideologiche che portarono a costruire corpi e menti da utilizzare non solo per fini bellici ma anche come fabbrica del consenso del regime fascista? Quali percorsi seguì l’educazione al mito della guerra, ai miti della forza, dell’intolleranza, della fedeltà cieca e assoluta, della rinuncia al pensiero autonomo e indipendente?
Domande centrali per approfondire la macchina ideologica e propagandistica del regime. Domande cui cerca alcune risposte la mostra documentaria “Educati alla guerra. Nazionalizzazione e militarizzazione dell’infanzia nella prima metà del Novecento” inaugurata questa mattina al Museo ebraico di Genova.
Curata da Gianluca Gabrielli e distribuita da Proforma Memoria, la mostra è stata accolta con grande interesse da tutta la cittadinanza. Oltre duecento infatti le persone che si sono ritrovate al Museo. A fare gli onori di casa, tra gli altri, il presidente della Comunità ebraica Ariel Dello Strologo, la vicepresidente Miryam Kraus e il rabbino capo Giuseppe Momigliano. Presente anche una delegazione della Coreis, la Comunità Religiosa Islamica.
Dall’entusiasmo delle scuole per la conquista di Libia alle attività in sostegno del fronte della Grande guerra, dal culto dei martiri istituito nel dopoguerra e sacralizzato dal fascismo agli interventi del regime per la militarizzazione della vita giovanile e della scuola, l’Opera nazionale balilla, dall’impegno autarchico degli studenti e delle famiglie durante la conquista d’Etiopia alle esercitazioni di protezione antiaerea, fino al brusco risveglio della Seconda guerra mondiale. Questo il percorso seguito dalla mostra, che resterà aperta fino al 16 marzo.
Le fonti utilizzate spaziano dai giornalini per l’infanzia ai documenti d’archivio, dagli strumenti didattici ai libri di testo, ai quaderni, alle pagelle, alle scritture infantiliL’allestimento si avvale dei contributi fondamentali di diversi istituti scolastici dell’area metropolitana, quali il liceo artistico Klee-Barabino, la scuola secondaria di primo grado G. Pascoli di Ronco Scrivia e il liceo scientifico Nicoloso da Recco ( in un contesto operativo di alternanza scuola- lavoro). L’aspetto più rilevante della collaborazione è dato dal fatto che gli studenti, opportunamente formati in questi mesi, assumeranno il ruolo di guide illustrando la mostra ai visitatori, sia in lingua italiana che inglese.
Di seguito l’intervento della vicepresidente Kraus:
Non è mia intenzione approfondire le tematiche di questa mostra perché lo farà molto meglio di me il suo curatore Gianluca Gabrielli, ricercatore in History of education all’Università di Macerata che ringrazio per la sua presenza e per la preziosa collaborazione che ha fornito.
Vorrei, però, sottolineare come questo appuntamento si ponga come ideale prosecuzione della precedente mostra sui rapporti fra sport e regimi totalitari.
In quel contesto era il corpo protagonista assoluto mentre qui, anche per gli scopi pseudo – educativi perseguiti dal fascismo, il lavoro sul fisico, che pure esiste ed è pressante, si accompagna ad un parallelo impegno volto a formare anche mentalmente gli italiani e le italiane del futuro.
Le giovani generazioni diventarono, quindi, il terreno di lavoro, per così dire, su cui il fascismo, come tutti i regimi totalitari, investirono maggiormente.
Era, almeno per me, allora inevitabile che fossero proprio i giovani di oggi ad essere maggiormente coinvolti dalla mostra.
Su queste premesse è nata e si è sviluppata una collaborazione con alcuni istituti scolastici dell’area metropolitana che ha portato gli studenti a superare il momento della fruizione passiva per diventare autentici protagonisti.
È in questo contesto, per esempio che il Liceo Klee – Barabino ha declinato sul contemporaneo queste tematiche con delle vere e proprie opere d’arte ricordandoci che anche i conflitti attuali vedono l’infanzia e i giovani tra le inconsapevoli vittime della barbarie umana.
Ma il coinvolgimento delle scuole ha visto, soprattutto, il fondamentale apporto del Liceo “Nicoloso da Recco” che, grazie alla Dirigente Scolastica, Nazaria Persia e alla fattiva collaborazione della docente Alba Chicco ha prodotto risultati di enorme rilievo. I suoi studenti si sono impegnati su una approfondita ricerca di documenti dell’epoca, utilizzando anche l’archivio della nostra Comunità, hanno realizzato un video e, nel complesso, hanno contribuito all’allestimento della mostra e al suo articolarsi all’interno del Museo Ebraico sfruttandone nella maniera più razionale ed efficace gli spazi a disposizione.
In aggiunta alcuni di loro hanno assunto il ruolo di guide per i visitatori mentre altri, che frequentano anche il nostro Conservatorio, hanno preparato un breve intermezzo musicale.
Sul primo aspetto credo sia evidente l’importanza che i giovani diventino testimoni attivi di una memoria non congelata nel passato ma viva e autenticamente contemporanea.
Sul secondo senza anticipare i singoli brani in programma basti dire che saranno ripercorsi, in pochi minuti, passaggi simbolo della nostra storia, dall’unità d’Italia alla riconquistata libertà. Mi preme però evidenziare il brano di chiusura eseguito dalla violinista Marta Braga che suonerà “Lullaby” di Gideon Klein nella trascrizione della Professoressa Elisabetta Garretti.
Per questo aiuto che è risultato realmente fondamentale non potrò ringraziare mai abbastanza il Liceo e in particolare gli studenti e Alba Chicco. Grazie di esserci stati prima e di esserci adesso. Senza di voi non ce l’avrei mai fatta ad arrivare a questa inaugurazione.
Vorrei veramente citare tutti, uno per uno, gli istituti coinvolti, i docenti e i ragazzi che hanno prodotto gli elaborati esposti ma il tempo mi impedisce di farlo e allora mando a tutti loro collettivamente il mio più sincero grazie.
Un ringraziamento che si estende, ovviamente, alle istituzioni e alle associazioni coinvolte senza il cui aiuto non sarebbe stato possibile realizzare questa mostra e, soprattutto, realizzarla con questi caratteri.
Dall’Assemblea Legislativa della Regione Liguria, che concesso il suo patrocinio, alla Città Metropolitana di Genova, dall’ILSREC all’ANED, fino all’Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria ho registrato, nel dipanarsi di questo lavoro comune, una convinzione a collaborare che mi ha sinceramente commossa.
E, infine, un grazie, necessariamente anche qui collettivo, a tutti quei privati ed enti che hanno prestato il loro materiale aggiungendo al valore già rilevante della mostra ulteriori occasioni di conoscenza e riflessione.
Se è vero che il pericolo maggiore oggi è la rimozione o, comunque, l’affievolimento della la memoria di ciò che è stato credo che questa mostra, per come è stata concepita e vissuta da tutti noi, indichi un percorso degno di attenzione.
Miryam Kraus
(5 febbraio 2017)