Memoria – Come ricomporre l’infranto

david-meghnagiCosa è stato il genocidio nazista per chi l’ha subito? Quale ferita ha rappresentato nella coscienza dei sopravvissuti? Quale dramma ha costituito per chi, salvatosi, ha portato il fardello per chi non c’è più, consumato dagli incubi e da un senso di colpa lacerante?
Ne “Ricomporre l’infranto”, pubblicato nel 2005 da Marsilio, David Meghnagi affronta queste domande attraverso i pensieri e le opere di quattro figure paradigmatiche: oltre a Primo Levi, il volume racconta l’approccio che su questi temi ebbero Marek Edelman, vicecomandante della rivolta del ghetto di Varsavia; Isaac Deutscher, il biografo di Trockij; il celebre intellettuale Gershom Scholem.
Un libro che, a 12 anni dalla sua uscita, continua a stimolare confronto e dibattito. Ieri ad esempio se ne è parlato alla Casina dei Vallati, sede della Fondazione Museo della Shoah di Roma, nel corso di un incontro che ha visto la partecipazione dell’autore e del consulente scientifico della Fondazione Marcello Pezzetti, che lo ha intervistato, entrambi introdotti al pubblico dalla direttrice del Centro di Cultura Ebraica Miriam Haiun.
Molte domande, pressanti per chi si opera ogni giorno di Memoria. Alcune possibili risposte e chiavi interpretative. Secondo Meghnagi, che è direttore del Master di Didattica della Shoah dell’Università Roma Tre ed è anche Assessore UCEI alla Cultura, tre sono le ragioni per cui i sopravvissuti “ce l’hanno fatta”. E cioè, nell’ordine in cui sono state presentate, la millenaria capacità del popolo ebraico di convivere e superare il dolore; l’importanza centrale della Memoria nell’ebraismo; la nascita dello Stato di Israele, nell’immediato dopoguerra, che ha permesso di dare un senso alla vita di molte persone.

(9 febbraio 2017)