melamed – Insieme contro il razzismo

lettera razzista
Duecento ragazzi di un colore, venti di un altro. Una (finta) circolare del Miur che scava, con un muro di parole, un abisso tra i due gruppi, tutti studenti di terza media, alla Pertini di Vercelli. Gli stranieri devono essere allontanati dalle loro aule e seguire lezioni separati dai compagni, e a giugno fare esami in più, per dimostrare il loro livello di integrazione e di conoscenza della lingua italiana. Non un impazzimento xenofobo, ma «un compito di realtà», spiega Patrizia Pomati, che insegna italiano e storia nella scuola piemontese, istituto con una solida tradizione di accoglienza e tolleranza. «In occasione della Giornata della Memoria – ha spiegato la docente, abbiamo deciso di far vivere ai ragazzi un’esperienza simile a quella prodotta dalle leggi razziali del 1938, ricreare artificialmente una circostanza che è stata realtà».

Le proteste
Quelli con almeno un genitore straniero, erano stati informati in precedenza dell’esperimento e sono stati abilmente al gioco, fingendo perplessità, tristezza, qualcuno ha versato lacrime che parevano vere. Una prova «riuscita», perché i ragazzini italiani hanno reagito con un’indignazione sincera, prendendo senza esitazioni le parti dei compagni. «Non sono rimasti in silenzio, hanno alzato la voce, protestato, hanno chiesto di vedere la preside», ha detto la prof. Forse questi ragazzi, 80 anni fa, avrebbero avuto il potere di cambiare la storia. La pagina Facebook raccoglie le reazioni all’insolita lezione. «Non mi aspettavo una cosa del genere. Mi hanno fatto capire che c’è qualcuno che ci tiene a me. Mi sono sentito bene», scrive uno. Confortate le insegnanti, soddisfatte le famiglie. Una buona notizia, per un volta. Perché quello che hanno costruito questi insegnanti e questi alunni è una casella in un percorso lungo e coerente. «Non mi illudo – dice Patrizia Pomati – che lo stesso possa accadere in qualunque altra scuola».

La vita per gli altri
Lunedì, intanto, alla Pertini è andato in scena l’atto finale: nel giardino della scuola in onore della Giornata dei Giusti sono stati piantati due alberi: uno in memoria di Janusz Korczak, il medico e pedagogo polacco che rimase fino alla morte accanto agli ebrei orfani di cui si prendeva cura; l’altro per ricordare Faraaz Hussein, il giovane musulmano bengalese che, durante l’attacco terroristico dell’Isis a Dacca nel 2016, pur potendosi salvare, è rimasto accanto alle amiche, pagando questa scelta con la vita. E durante la mattinata è stata inaugurata la mostra «I Giusti dell’Islam», curata da Giorgio Bernardelli per il Pime di Milano. Un omaggio alle esperienze dei Giusti musulmani che durante la Shoa salvarono la vita agli ebrei.

Antonella De Gregorio per Corriere.it

(10 marzo 2017)