…antisemitismo

Quando si tratta di rilevare espressioni di antisemitismo nella nostra società appare sempre sorprendente che ci si sorprenda. Quando questi fenomeni, poi, giungono da un ambiente della Chiesa è, per alcuni di noi almeno, ancora più sorprendente. Non più tardi dell’anno scorso ho avuto occasione di contestare su questo sito la lettura stantia che il cardinale Ravasi dava del Mercante di Venezia, come opposizione fra l’implacabile giustizia ebraica e la salvifica misericordia cristiana (Il Sole 24 Ore, 10 luglio 2016).
Ora, si scopre con inutile sorpresa che qualcuno sta organizzando a Venezia un convegno dal titolo
“Israele popolo di un Dio geloso: coerenze e ambiguità di una religione elitaria”, riuscendo a fondere insieme tutti i pregiudizi dell’antigiudaismo più bieco e più antico sulla faccia della terra. Bisogna purtroppo abituarsi all’idea che, soprattutto nelle sue conventicole più retrive, la Chiesa cattolica debba da sempre affermare la sua novità e dichiarare la propria superiorità distanziandosi e distinguendosi dall’ebraismo. Da cui l’accento, più o meno centrato, sulla gelosia di Dio, sull’elitarismo ebraico, sulla giustizia che scalza la misericordia. E sarebbe da considerare seriamente se sia vero e applicabile che la religione dell’amore assoluto consenta di sostituire la giustizia pur imperfetta dell’uomo. Vengono alla mente allora, a puro titolo di esempio, le problematiche attuali della pedofilia nel clero e lo spirito d’amore che perdona il sacerdote criminale e ne scalza la giusta, umana punizione.
E resta sempre aperto, per me, ebreo privo di qualsiasi fiducia nella possibilità di dialogo, l’interrogativo sul perché dal popolo che ha espresso e incarnato la religione dell’amore siano scaturite le più grandi tragedie della storia, e non solo ai danni del popolo ebraico; come mai dal messaggio d’amore siano scaturiti nel corso di duemila anni tanto odio e tanta morte. Un interrogativo aperto e mai risolto, questo, su cui forse sarebbe stato molto utile che l’Associazione Biblica Italiana avesse concentrato un po’ del suo impegno intellettuale. E magari, se possibile, di quello emotivo. Ma è più facile demonizzare un nemico anche immaginario piuttosto che guardare il male dentro di sé.
Una riflessione finale è d’obbligo: in un momento in cui l’antisemitismo sta infiammando l’Europa anti-israeliana e filo-islamica e l’America trumpiana, che ci si mettessero anche frange (frange?) del cattolicesimo nostrano proprio non ci voleva.

Dario Calimani, Università di Venezia

(14 marzo 2017)