Inaugurazione a Bologna

Sara Valentina Di PalmaProbabilmente si tratta ancora degli effetti ormonali dell’allattamento (giustificazione autoassolutoria spudoratamente mendace, ma non sarebbe politicamente corretto farmelo presente e, ben consapevole di ciò, ne approfitto). Forse anche il caldo eccessivo e l’affollamento nel matroneo dove l’aria sembra non arrivare, la bimba in braccio che sorride felice a ragazzine, signore e giovani madri intente ad ammirarla.
Fatto sta che mi si velano gli occhi all’apertura dell’Aron durante la cerimonia di inaugurazione del nuovo Tempio piccolo di Bologna, lo scorsa domenica. Quale modo migliore di iniziare la settimana, così controcorrente ritengo, in un mondo ebraico come quello italiano che eufemisticamente definirei non in crescita, assistere all’inaugurazione di un nuovo Bet HaKnesset.
Un hinnuk, inaugurazione (da cui hanukkat habait per l’inaugurazione della casa, nonché Hanukkà), voluta tenendo insieme etimologicamente il concetto di inaugurare ma anche di educare, perché come ricorda la Presidente UCEI Noemi Di Segni il costruire non è solo materiale ma deve avere un fine morale (altrimenti torniamo al disastro di Babele, penso io) e la presenza di tanti bambini e ragazzi, alcuni dei quali mi stanno facendo cenni di saluto attraverso la mechizà facendomi vedere che stanno cantando anche loro il Mizmor le David (Tehillim 29) lo rappresenta appieno.
E’ forse questa la giusta disposizione d’animo con cui Rav Giuseppe Momigliano ci ricorda che dovremmo andare al Tempio, non per abitudine, ma pensando davvero che אָהַבְתִּי מְעוֹן בֵּיתֶךָ (ahavtì meon betecha, amo la casa nella quale Tu dimori: Tehillim 26, . Amiamo il posto dove Kadosh BaruchHu abita perché lì risiede la sua gloria, ed entrando in Sinagoga molti premettono מַה טֹּבוּ אֹהָלֶיךָ יַעֲקֹב מִשְׁכְּנֹתֶיךָ יִשְׂרָאֵל (Ma tovu oaleka Yakov, mishknoteka Israel: Come sono belle le tue tende, Yakov, le tue dimore, Israele: BeMidbar 24,5), passuk della Torà che esprime l’unica beracà data da un non Israelita, Balam, il quale venne inviato dal re di Moab, Balak, a maledire Israel, ma D-o pose solo benedizioni nella sua bocca.
Alcuni usano insegnare ai bambini, in un’unica preghiera da dirsi entrando in Tempio, una collezione di versi che si apre con Ma tovu e continua con Tehillim 5,8 il già menzionato 26,8 seguito da 95,6 e 69,14, che insieme lodano la misericordia del Signore, la sua bontà, la sua benevolenza. Già Rav Amram BenSheshna, gaon della Yeshivà di Sura in Babilonia nel IX secolo, nella più antica raccolta liturgica giunta a noi e da lui redatta indica il Ma Tovu, seguito da Tehillim 5,8, tra le preghiere da dirsi entrando in Sinagoga, mentre altri preferiscono iniziare da Tehillim 5,8
(ואני ברב חסדך אבוא ביתך אשתחוה אל היכל קדשך ביראתך vaAnì berov hasdecà avò veteca estahavé el-Ecal kodshekà beirateca, quanto a me per la Tua grande bontà potrò entrare nella Tua casa, mi inchinerò nel Tuo santo Tempio con timore di Te) omettendo Ma Tovu perché Balam aveva intenzione di pronunciare una maledizione. Questa è l’opinione espressa soprattutto dal Maharshal (Rav Shlomo Luria, vissuto in Polonia nel XVI secolo) neisuoi Responsa, ritenendo inappropriato citare le parole espresse da un nemico del popolo d’Israele.
Tuttavia…
Dice il Talmud Bavli: “Rabbi Johanan disse, dalle benedizioni di quell’uomo malvagio potete conoscere le sue intenzioni. Poi volle maledirli in modo che loro (gli Israeliti) non avessero sinagoghe o scuole di studio – questo è dedotto da מַה טֹּבוּ אֹהָלֶיךָ יַעֲקֹב , che la Shechinà non fosse su di loro e sui loro tabernacoli” (Sanhedrin 105b), ove ‘tende’ è interpretato come Batei HaKnesset e Yeshivot, mentre poco oltre nel testo ‘dimore’ viene interpretato come accampamenti, e quindi nelle parole di Balam la maledizione che il regno d’Israele non duri.
Rashi, basandosi sul trattato di Bava Batra 60a, sostiene che Balam lodi le tende d’Israele per la loro disposizione: “Rabbi Yochanan dice, come detto nelle Scritture: E Balam alzò gli occhi e vide le dimore di Israele tribù per tribù (BeMidbar 24,2). Cosa vide? Vide che le loro aperture non erano allineate direttamente una di fronte all’altra. E disse, ‘il popolo merita che la Presenza Divina sia su di lui”. Nella sua derashà, Rav Momigliano ci ha rammentato che una tale disposizione delle tende permetteva di preservare il pudore e l’intimità familiare in ogni tenda – da cui la Mishà fornisce indicazioni sulle costruzioni delle abitazioni private -, e dunque la maledizione si trasforma nella benedizione di una vita familiare pudica ed onorevole, mentre secondo un’altra interpretazione di Rashi ‘tende’ si riferirebbe alle tende di Shilo ed al Tempio “quando queste fiorirono” ed all’offerta dei sacrifici, e quindi la maledizione di Balam si trasforma nella benedizione secondo la quale, come ricordato in Sanhedrin 105b, ovunque ci siano le tende, ovvero abiti il popolo d’Israele, ci sia la benedizione di Sinagoghe e luoghi di studio – che non a caso per lungo tempo hanno avuto funzioni in parte coincidenti, come etimologicamente indicano lo Yiddish shul e l’arcaismo italico scola, scuola, per Sinagoga.
Il Trattato di Sanhedrin continua dicendo che tutte le maledizioni di Balam si sono avverate, tranne quella di non avere Batei HaKnesset e luoghi di studio (“Rabbi Abba b. Kahana ha detto: tutte si sono mutate in una maledizione, eccetto le sinagoghe e le scuole di studio”) e per questo la benedizione di Balam espressa con il Ma Tovu è stata inclusa nelle preghiere da pronunciarsi entrando in Tempio. Per quanto corrotto e malvagio fosse Balam, e per quanto imperfetti e manchevoli possiamo essere noi nell’avvicinarci alla preghiera, le sue parole sono state trasformate in un’opportunità di crescita, e questo ci auguriamo noi arrivando con la giusta disposizione d’animo in Sinagoga.

Sara Valentina Di Palma

(30 marzo 2017)