…antisemitismo

L’adozione da parte del Parlamento Europeo della definizione di Antisemitismo nella versione di lavoro proposta dall’IHRA apre scenari interessanti. Dalle stanze di Bruxelles non si invita in effetti a procedere verso interventi di natura legislativa, che sarebbe difficili da proporre (come si fa a vietare per legge un pregiudizio? Come pensare di poter trovare strumenti giuridici per punire una pratica condivisa, stando ai dati più recenti, dal 15% della popolazione italiana?). Si spinge invece perché i diversi Parlamenti nazionali perché adottino tutte le misure necessarie per difendere i loro concittadini ebrei e le istituzioni ebraiche, istituiscano degli uffici statali di coordinamento alla lotta contro l’antisemitismo, istruiscano il mondo della comunicazione spingendolo a correggere eventuali linguaggi non accettabili. Fondandosi sulla particolare sensibilità a proposito dell’antisemitismo, la lista di raccomandazioni si allarga poi alla lotta a tutte le forme di discriminazione razzista e di xenofobia, e pone particolarmente l’accento sulla presenza di elementi visibili di hate speech (parole d’odio) nei social media. Abbiamo quindi di fronte a noi un enorme lavoro culturale, che non prevede banalizzazioni né il cedimento all’utilizzo sulla rete e sui social di hate speeches complementari e contrari a quelli che si vogliono combattere. Si tratta innanzitutto di un segno di civiltà, quella stessa che con le ricerche, con lo studio e con la pratica di vita l’ebraismo mira a preservare e continuare nel tempo, affermandola come valore assoluto che usa linguaggi ben diversi da quelli che l’odio antisemita propone nella sua propaganda.

Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC

(9 giugno 2017)