DafDaf – Ottanta, una Signora lettera
Ottanta, un altro traguardo rotondo. Chiuso lo scorso maggio, il numero ottanta di DafDaf è arrivato appena prima dell’estate, prima che il giornale ebraico dei bambini apra la consueta serie dei numeri estivi, pensati per accompagnare i suoi giovani lettori durante le vacanze. Era il settembre del 2010 quando uscì il numero zero di DafDaf, prova di coraggio e di speranza, e soprattutto volontà di affermare a testa alta che l’ebraismo italiano non solo non è ripiegato sul suo glorioso passato bimillenario, ma punta con decisione sui più giovani, e guarda al futuro.
Sono passati quasi sette anni, e DafDaf ogni mese si presenta all’appuntamento coi lettori grazie al lavoro della redazione ma soprattutto grazie ai regali preziosi dei collaboratori che, un numero dopo l’altro, permettono l’uscita del giornale ebraico dei bambini offrendo illustrazioni, testi, riflessioni e soprattutto voglia di guardare avanti e di progettare, insieme. Nell’ultimo numero, dopo la suggestiva copertina di Luisa Valenti, che ha voluto introdurre il tema con i suoi ottanta piccoli personaggi colorati, DafDaf si apre con una riflessione del direttore della testata, Guido Vitale, dedicata proprio al traguardo rotondo e al suo rapporto con l’idea che da sempre guida le scelte della redazione del giornale dedicato ai giovani lettori: “Parlare, dialogare, confrontarsi”.
Ottanta, una Signora lettera
Quando la lettera Pèi va dal dentista, la cosa è imbarazzante. Non che abbia i denti cariati, o che se li spazzoli male. Il problema è che in bocca effettivamente ha un solo dente. Uno solo? E tutti gli altri dove sarebbero andati a finire? Si domanda il dentista imbarazzato. La lettera non sa come spiegarlo. È fatta così da quando era minuscola: mai avuto più di un solo dente in quella bocca enorme che tiene sempre spalancata. Fatto sta che a quanto pare la visita costa comunque gli stessi soldi, perché il dentista, che sia per un dente o per tanti denti, comunque deve lavorare e deve essere pagato.
L’altro giorno ero nella sala d’aspetto del mio dentista e in effetti mi pareva fosse arrivata anche una Pèi. La segretaria l’ha fatta accomodare, ma quando l’ha salutata ho notato che l’ha chiamata con un altro nome. Ha detto: “Si accomodi signora Ottanta”.
Ottanta? La questione mi ha incuriosito e poiché fra i miei tanti difetti non manca anche una grave sfacciataggine, appena la segretaria ci ha lasciati soli nella sala d’aspetto ho subito approfittato per domandare: “Buongiorno, scusi. Lei si chiama Ottanta. Ma non è una lettera Pèi”?
“Beh – ha risposto lei – in effetti è vero, ma chi mi conosce bene mi chiama Ottanta, perché il mio numero è Ottanta”.
“E questo che vuol dire”?
La domanda era un po’ sfacciata, lo ammetto, ma in certi casi non posso resistere e chiedo. Da grande vorrei fare il giornalista e se non sai fare le domande e non sai ascoltare le risposte, che diavolo di giornalista saresti?
La Pèi comunque non si è scomposta e ha cominciato a raccontare la sua storia. “Semplice. Noi tutte, le lettere dell’alfabeto ebraico, abbiamo dentro il valore di un numero. Per esempio la Alef, beata lei, vale Uno. E il mio numero è Ottanta. Quando salto fuori io chi vuole leggere le lettere legge P, ma chi vuole leggere i numeri legge Ottanta. E non basta, perché presto festeggio”.
Il discorso si faceva sempre più interessante. “Guardi qua – mi fa la Pèi tirando fuori un giornalino dalla borsa – siamo arrivati già al 79. Il prossimo numero sarà tutto speciale per me. Voglio proprio vedere cosa si inventeranno questi matti”. Il giornale era DafDaf, proprio quello che anche voi tenete adesso in mano. Ero partito con una domanda e ora ne avevo tante di più, credo un’ottantina. Perché le lettere, perché i numeri, perché Ottanta. E soprattutto, perché un dente solo? Non sarà forse cariato?
La Pèi aveva appena pazientemente cominciato a rispondere: “Un solo dente perché questo dente è il simbolo del Linguaggio. E la capacità di parlare è affilata come un dente…”
In quel momento è arrivata la segretaria del dentista a rovinare tutto. “Signor Guido, venga, adesso è il suo turno”. Mi sono segnato tutte le domande su un taccuino. E non vedo l’ora di tornare dal dentista, di incontrare di nuovo quella Lettera nella sala d’aspetto e di farmi spiegare tutti i segreti della sua esistenza.
Guido Vitale, da DafDaf 80, maggio 2017
Parlare, dialogare, confrontarsi
La diciassettesima lettera dell’alfabeto ebraico è chiamata Pèi. La sua forma è quella di una bocca aperta e assomiglia molto alla forma di un’altra lettera, la Kuf, ma si distingue perché la Pèi ha un dente. La tradizione ebraica spiega che la lettera Pèi è il simbolo della capacità di parlare agli altri e di dialogare, di confrontarsi con loro. Forse per questo gli ebrei discutono continuamente fra di loro e forse per questo anche la parola “bocca” (“Peh”) in ebraico corrisponde al nome della lettera. Dalla bocca viene la nostra capacità di parlare e deriva il grande potere del linguaggio che usiamo per comunicare e per discutere con gli altri. Per questo motivo la lettera Pèi è anche il simbolo della forza più grande, del potere maggiore, e il suo unico dente è molto pericoloso, può mettere in fuga i suoi nemici e può anche fare del male, perché la capacità del linguaggio è il potere più grande che sia dato agli esseri umani.
(23 giugno 2017)