Periscopio – La pace
Il mio articoletto di mercoledì scorso, intitolato “Il conflitto inesistente“, ha sollecitato, in diversi luoghi, un numero particolarmente alto di reazioni, molto superiore alla media, e ciò sembrerebbe dimostrare che ho toccato un punto tanto importante quanto rimosso delle problematiche mediorientali. Ringrazio tutti dell’attenzione, soprattutto chi mi ha rivolto delle garbate critiche, accusandomi di eccessivo pessimismo. Spero di tutto cuore che costoro abbiano ragione. D’altronde, negare la speranza vorrebbe dire negare l’inno nazionale d’Israele, intitolato proprio, com’è noto, ha-tikva, “la speranza”. Lungi da me. Tra i tanti commenti ricevuti, mi sia concesso di menzionare soltanto quello del mio amico del cuore Bernardo Kelz, a me legato, tra l’altro, dalla singolare coincidenza che entrambi portiamo il nome di un fratello morto prima della nostra nascita, all’età di sei anni (ma con la terribile differenza che della fine di mio fratello Francesco si può accusare solo la cieca natura, mentre Bernardo senior è stato schiacciato dalla lucida ferocia nazista). Ebbene, Bernardo jr. ha commentato le mie parole ricordando una frase di suo padre, l’eroe di guerra Zygmunt Kelz, scampato alla Shoah e liberatore dell’Italia, che soleva dire: “Se un problema piccolo sta accanto a uno più grande, non illuderti che, risolvendo il piccolo, hai risolto il grande”. Parole di grande saggezza, che mi hanno fatto ricordare come, ai tempi della guerra fredda, molti dei nostri politici si affannavano per fare viaggi ‘pacificatori’ “oltrecortina”, dal cui esito facevano intendere che sarebbe dipeso un decisivo cambiamento delle sorti dell’umanità. Solo che al Cremlino, in genere, non trovavano a riceverli personaggi di primo piano, tutt’al più qualche gentile sottosegretario, che offriva pasticcini e tazze di tè, elargendo larghi sorrisi e guardando furtivamente l’orologio. Così, erano più ricercati i viaggi nei cd. Paesi satelliti, dove i nostri potevano incontrare anche i vertici del partito, i quali assicuravano che, certamente, si sabbero prodigati, le nostre preghiere e perorazioni sabbero state riferite a chi di dovere, con ottime speranze di successo. E, al ritorno in patria, lunghe interviste e dettagliati resoconti sul quadro geopolitico mondiale, che di lì a poco sarebbe certamente cambiato, grazie all’importante visita di Stato. Ecco, mi pare che oggi accada qualcosa di simile. Tutti cercano – come direbbe il Bellavista di De Crescenzo – qualche sostituto vice-portiere con cui fare la pace. Anche perché, in questo caso, il Cremlino nessuno sa neanche dove stia.
Francesco Lucrezi
(2 agosto 2017)