Memoriale della Shoah di Milano
‘Porte aperte contro l’indifferenza’

memoriale migranti“Tre anni fa, in un momento molto difficile per Milano, è stato chiesto al Memoriale della Shoah di Milano se poteva ospitare alcuni migranti, soprattutto donne e bambini, in condizioni disperate. Come fa un luogo che ha stampata a lettere cubitali all’ingresso la parola ‘Indifferenza’, a dire di no, a dire no non ospito nessuno? La leva che ci ha fatto muovere, purtroppo dai più molto poco sentita, è l’obbligo a non rimanere indifferenti”. In poche battute la Testimone della Shoah Liliana Segre spiega al Portale dell’ebraismo italiano moked.it il senso dell’iniziativa portata avanti per il terzo anno consecutivo dal Memoriale della Shoah di Milano. Un Memoriale nato proprio per volontà di Segre: da qui il 30 gennaio 1944 Liliana, allora tredicenne, e il padre Alberto furono deportati assieme ad altri 602 ebrei. Di loro, solo in ventidue tornarono. Liliana fu tra questi, il padre no. Il Memoriale serve a ricordare quella tragedia, a ricordare a Milano e non solo di come allora rimase indifferente di fronte al destino degli ebrei. E a chi oggi si chiede perché quel luogo, tra i simboli della Shoah italiana, sia stato aperto per un periodo di tempo per accogliere i migranti, Segre domanda, “dovevamo rimanere indifferenti? Qui non ci sono paragoni con quello che è stato, con la Shoah. È chiaro che il Memoriale è destinato ad altro e non all’accoglienza ma di fronte a un’esigenza è stato deciso, insieme alla Comunità di Sant’Egidio, di agire. E quello che rimane sono i bellissimi disegni fatti dai bambini il primo anno che abbiamo aperto le porte, un segno della loro purezza e gratitudine”. Dal 2015, anno in cui il progetto di accoglienza ha avuto inizio, il Memoriale ha offerto riparo e asilo ad oltre seimila profughi – uomini, donne, bambini – provenienti da Eritrea, Siria, Sudan e altri 23 Paesi, mettendo a loro disposizione brandine fornite dalla Protezione Civile, pasti caldi e servizi igienici, oltre all’aiuto dei volontari della Comunità di Sant’Egidio. Quest’ultima è la responsabile della gestione operativa dell’accoglienza, come ricorda il vicepresidente della Fondazione del Memoriale Roberto Jarach, che a moked.it sottolinea come “quest’anno la decisione di aprire ai profughi è stata particolarmente complicata. È un’operazione logisticamente delicata, possibile per il momento perché mettiamo a disposizione un’aerea non utilizzata. Ovviamente, non c’è nessun cambio di scopo rispetto alle finalità del Memoriale”. Che anzi nella sua opera di didattica della Memoria continua a raccogliere risultati come dimostra l’aumento progressivo, di anno in anno, dei visitatori e delle iniziative e conferenze organizzate all’interno della struttura. Tra queste, in passato una era stata dedicata proprio al tema dell’indifferenza: “Il peccato dell’indifferenza – L’Europa e i perseguitati di oggi e di ieri”, il titolo della conferenza in cui era intervenuta tra gli altri Liliana Segre, spiegando che “Oggi non è come allora –riferendosi alla tragedia dei profughi che sbarcano sulle nostre coste, in fuga dai paesi natii, da guerre e persecuzioni – Almeno se ne parla, i governi ne discutono, non sanno come agire ma almeno ne parlano”. La Testimone aveva rievocato poi un parallelismo da molti taciuto: il ripresentarsi di persone che lucrano sulla sofferenza altrui. Allora erano i passatori, con cui Segre ebbe diretto contatto (la sua famiglia cercò di scappare in Svizzera pagando una persona per oltrepassare il confine e cercare riparo dalle persecuzioni, venendo però bloccata dall’insensibile rigidità di un soldato svizzero), che sfruttavano le vittime in cambio di denaro e promettendo la salvezza, oggi sono gli scafisti, che agiscono secondo le stesse modalità. “Oggi si parla degli scafisti della Libia – sottolineava Segre – ma anche io li ho conosciuti, sotto un altro stile di vita, o di morte se preferite, ed erano italiani, quegli italiani brava gente”.
Rispetto all’impegno per l’accoglienza al Memoriale, anche l’ebraismo milanese ha dato il suo contributo in passato, raccogliendo in collaborazione con i volontari dei City Angels indumenti per i profughi. “Un’operazione ampiamente condivisa in Comunità – sottolinea oggi Milo Hasbani, presidente assieme a Raffaele Besso della Comunità ebraica di Milano – C’è una sensibilità molto ebraica rispetto al tema dei migranti e l’aiuto è nel nostro dna. Molti di noi sono scappati da Libia, Egitto, Siria, Libano”.

Daniel Reichel

(7 agosto 2017)