…antisemitismo
Forse è venuto il momento di cominciare a mettere insieme i tasselli.
I movimenti xenofobi e antisemiti hanno alzato da tempo la testa. I campanelli d’allarme ci sono stati, belli chiari e diffusi in tutta Europa. Le destre vanno dicendo, e non da oggi, che è giunta l’ora di mettere una bella pietra sulla memoria della Shoah. E non sono nuove, a destra e a sinistra, le negazioni e i ridimensionamenti dei nostri sei milioni di sterminati. Da sinistra, ma anche da destra, si avanza sempre più insistente la teoria per cui l’ebreo usa la Shoah come arma di ricatto per fare nel Medio Oriente il bello e il cattivo tempo. L’ebreo, si dice senza ritegno, fa passare al palestinese quella Shoah che lui stesso ha subito. La storia viene così mistificata attraverso false analogie. E comunque il colpevole sarebbe l’ebreo, non l’israeliano. L’israeliano, non il governo Netanyahu. La confusione e la demagogia regnano sovrane.
In tempi di crisi economica globale – ma sarebbe lo stesso se la crisi economica non ci fosse – ritorna la facile individuazione del capro espiatorio. I movimenti populisti cercano nei finanzieri e negli imprenditori dal naso adunco i responsabili del disastro dell’economia e della politica insieme.
Non dimenticherò mai la domanda che una regista RAI in visita al Ghetto di Venezia mi pose con volgare sottigliezza retorica: “Ma se siete stati tanto accusati e perseguitati un motivo ci sarà pure, no?” Ovviamente non si aspettava da me alcuna risposta al suo intelligente quesito. La risposta, l’arguta signora, l’aveva pronta da secoli sulla punta della lingua.
L’antisemitismo è oggi globale, alimentato non poco dalla forte presenza islamica in Europa, quindi anche con l’alibi sempre più radicato della crisi Medio Orientale. Che a tutto ciò si aggiunga ora anche l’antisemitismo degli ‘amici’ americani proprio non ci voleva.
È luogo comune sentir dire che ai tempi del fascismo, quello realizzato, nessuno se lo aspettava. Ora il fascismo lo abbiamo conosciuto, abbiamo imparato a riconoscerne i prodromi e le modalità di realizzazione. Non siamo più autorizzati a chiudere gli occhi. Nessuna giustificazione è più ammessa. Le classi dirigenti hanno il dovere non solo di vigilare, ma di denunciare e, se necessario, di agire. Almeno finché ci sono leggi a cui appellarsi e strumenti a cui fare ricorso. Diversamente si rischia la connivenza, quando non il collaborazionismo.
Non c’è spazio per gli ottimisti, ce n’è molto per i pessimisti.
Non bisogna aver paura di cominciare ad aver paura, e di guardare il mostro dritto negli occhi. Senza falsi alibi. Soprattutto senza illusioni di sorta.
Dario Calimani, Università Ca’ Foscari Venezia
(29 agosto 2017)