…Parigi
Il vertice di Parigi ha sancito, in modo credo irreversibile, due punti. Anzitutto la definitiva riduzione del tema immigrazione a problema di sicurezza. Come ha detto il ministro Minniti, ragioni di politica interna hanno prevalso su qualunque altra considerazione, compreso il destino di milioni di persone stipate in veri e propri lager, o in immensi campi profughi con standard igienico-sanitari assai al di sotto dell’umana decenza. Secondo punto stabilito: la vittoria del famigerato gruppo di Visegrad capitanato da Viktor Orban e anche, è bene dirlo, di tutti quei sindaci e rappresentanti degli enti locali che continuano a opporsi a qualunque piano di distribuzione. Nessuno ci spiega perché non si siano obbligati i Paesi membri UE ad attuare il piano di ridistribuzione dei migranti che loro stessi hanno votato. Tutto ciò è passato impunito e si è descritta la strada intrapresa a Parigi come l’unica possibile. Diciamolo chiaramente, si è ceduto a una logica puramente razzista, condita anche da un linguaggio xenofobo adottato da praticamente tutte le forze politiche del continente. La classe politica si è dimostrata del tutto impreparata alla sfida xenofoba e l’unica possibilità che ha saputo scorgere è introiettare gli argomenti dei cosiddetti populisti. Ha avvallato, così, un sentimento popolare, che si sfoga quotidianamente sul web e che conta sul supporto di importanti organi di stampa. Poi, come è noto, una volta risvegliato il mostro, non sarà facile domarlo. Un’altra pagina nera per il nostro continente. L’importante è che si capisca che poteva andare diversamente: se Erdogan può tenersi 2.500.000, poteva farlo anche l’Ue, che conta circa 500.000.000 di cittadini.
Davide Assael, ricercatore
(30 agosto 2017)