Festival di Roma, si chiude
con l’omaggio ad Herbert Pagani
“Un cuore per capire”. Si chiude con un tributo all’artista Herbert Pagani (1944-1988) la decima edizione del Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica di Roma. Curata da Ketty Di Porto in collaborazione con Paola Traverso e con Simon Nahum, Emanuela Fontana, Vincenzo De Michele e Luca Sgamas sul palco, la performance ha reso omaggio a una figura tra le più luminose della comunità libica insediatasi in Italia a partire dal primo dopoguerra. Una figura che ha segnato i molti campi artistici in cui si è mossa nella sua pur breve vita e di cui resta indimenticabile il duro attacco, in forma epistolare, al colonnello Gheddafi. “Arrenditi all’evidenza, Colonnello: malgrado i tuoi sforzi, questo paese resta senza viso, come i tuoi sicari, e senza voce, come in passato. Tutte le popolazioni che vi hanno vissuto, nei secoli, hanno subito lo stesso destino di “cancellazione”. Cominciamo dalle minoranze, etniche o religiose, berbere, cristiane ed ebraiche, che chiamaste “dimmi”, cioè cittadini “protetti”. Delicato eufemismo per dire ostaggi in attesa di conversione. Essere l’oppresso di un potente offre a volte vantaggi culturali: catene d’oro, tempo per piangere. Essere l’oppresso di un oppresso, nessuno. Ebrei di un paese senza luce, fummo gli ebrei più spenti del Mediterraneo”. Così scriveva nel 1987 Pagani, che fu cantante, poeta e scrittore.
Prima della performance dedicata all’artista, sul palco del festival si era parlato di “Geopolitica virtuale: dal confine ai social media” con Franco Frattini, Luca Lanzalone, Mario Sechi, Giampiero Massolo e Marco Panella. In apertura di serata i saluti della presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello.
(14 settembre 2017)