UK – L’indagine sull’antisemitismo Pregiudizio in salsa Brexit
Contare quanti siano gli antisemiti presenti in una data società non è la stessa cosa che misurarne il livello di antisemitismo. Questa osservazione è al centro della ricerca dell’Institute for Jewish Policy Research (JPR) intitolata “Antisemitism in contemporary Great Britain. A study of attitudes towards Jews and Israel”, l’antisemitismo nella Gran Bretagna contemporanea e nella stagione della Brexit. Uno studio degli atteggiamenti nei confronti degli ebrei e di Israele”. È firmato da L. Daniel Staetsky, Senior Researcher Fellow del JPR – ente di ricerca e think- thank indipendente basato a Londra che indaga temi strettamente connessi alle comunità ebraiche britannica e dei diversi paesi europei – uno studioso già noto per alcune recenti indagini di grande interesse, come “Are Jews leaving Europe?” del 2017 e “The rise and rise of Jewish schools in the United Kingdom: Numbers, trends and policy issues” del 2016, e parte da un campione di 5.466 rispondenti, su dati raccolti da Ipsos MORI. L’esistenza di un antisemitismo che Staetsky definisce “forte, sofisticato, forse dotato di una sua coerenza interna e a volte addirittura ‘colto’, un antisemitismo per il quale una aperta avversione nei confronti degli ebrei si combina con idee negative articolate sugli ebrei, riguarda una percentuale di adulti britannici che non supera il 2,4 per cento, indipendentemente dal metodo di analisi dei dati. Si tratta di persone che esprimono idee e atteggiamenti antisemiti in maniera immediata e decisa. Va poi aggiunto un 3 per cento di popolazione che può essere considerato antisemita, anche se in maniera più “morbida”: adulti che esprimono anche più di una singola idea antisemita, ma in maniera meno decisa, con meno certezze. Si tratta di un totale di circa 5 per cento di britannici che si può con facilità definire antisemita, persone che hanno una vasta gamma di atteggiamenti negativi nei confronti degli ebrei. Le idee antisemite, però, hanno una circolazione diversa nella società, che supera ampiamente i confini di tale gruppo, ed esiste una percentuale maggiore di persone che potrebbe non essere consapevole di avere idee ostili nei confronti degli ebrei, o pregiudizi.
Circa il 15 per cento dei rispondenti ha almeno due degli atteggiamenti antisemiti su cui si è svolta l’indagine, e un ulteriore 15 per cento è molto d’accordo o tende ad essere d’accordo con almeno una di esse. Sommando tali gruppi si arriva al 30 per cento circa. Ossia circa il 30 per cento della società britannica si riconosce in almeno uno specifico atteggiamento antisemita, con una intensità variabile. Questo però non significa che il 30 per cento della popolazione è antisemita. La maggioranza di coloro che si sono dichiarati d’accordo con una affermazione negativa nei confronti degli ebrei si sono dichiarati concordi anche con uno o più affermazioni positive nei loro confronti. In sostanza l’esistenza in un rispondente di uno specifico e/o stereotipico pregiudizio antisemita non corrisponde necessariamente a un definito e radicato antisemitismo. Quell’inquietante 30 per cento, spiega Staetsky, va piuttosto inteso come corrispondente al livello di diffusione di idee antisemite nella società britannica, così come pure della possibilità che un ebreo britannico si trovi a doversi confrontare con tali idee. Si tratta di una percentuale di popolazione che pur non commettendo azioni antisemite ha una responsabilità importante nella percezione ebraica di cosa sia e come sia radicato l’antisemitismo. Una percezione in evoluzione, che non corrisponde al numero di incontri fra ebrei e antisemiti dichiarati, o violenti, ma che corrisponde a un deciso peggioramento dell’atmosfera generale, e a un aumento deciso delle probabilità di essere esposti a situazioni sgradevoli, o decisamente offensive. Quindi ragionare in maniera diversa da quanto viene fatto normalmente nelle ricerche sull’antisemitismo e il passaggio dal contare degli antisemiti (quel 2-5 per cento di antisemiti, che siano più decisi o più “morbidi”) al quantificare l’antisemitismo (la diffusione di visioni e idee) non è irrilevante. Le idee antisemite in Gran Bretagna non hanno una diffusione così marginale come suggeriscono alcune ricerche, e la probabilità di trovarsi in una situazione potenzialmente offensiva, spiacevole, in grado di turbare non è uno a venti ma, molto più probabilmente uno a tre. Quella che la ricerca chiama “elastic view”, “visione elastica”, permette di comprendere meglio quanto siano comuni fra gli ebrei britannici ansia e preoccupazioni, dovute a un antisemitismo che seppur diffuso viene normalmente sottovalutato.
Ada Treves, Pagine Ebraiche Ottobre 2017 twitter @ada3ves