…marciare
In questi giorni qualcuno ha auspicato una nuova marcia su Roma. Credo che gli entusiasti pensino soprattutto al dopo (fine della libertà di parola, irreggimentazione della popolazione, individui uccisi per le loro idee, …). La scena della marcia, infatti, al di là del mito è alquanto comica, non ha niente di eroico e sostanzialmente fu una delle prime grande ipocrisie dell’epoca fascista.
“Solo dopo aver varato il Ministero Mussolini si ricordò delle sue camicie nere che intanto avevano continuato, all’oscuro di tutto, e sotto la pioggia battente, a intirizzire di freddo e di fame, nei loro accantonamenti di Monterotondo e Santa Marinella. (…) Ricevettero l’ordine di marciare su Roma il 30, quando già Mussolini e aveva preso saldo possesso e si disponeva a tenere la prima riunione di Gabinetto.. (…) La sfilata durò sei ore. Poi su ordine di Mussolini, i marciatori vennero avviati alla stazione e rispediti alle sedi di origine. La rivoluzione era finita. O meglio, non era mai cominciata”. Parole di Indro Montanelli in “L’Italia in camicia nera (1919-3 gennaio 1925)”, Rizzoli, Milano 1976, pp. 188-189.
David Bidussa, storico sociale delle idee