La magia al servizio del calcio
Casale ricorda Raffaele Jaffe

20171105_161730“Una storia ebraica da un punto di vista diverso, dove si parla sì di calcio, ma soprattutto di come il calcio abbia dato un contributo alla società”. Claudia De Benedetti introduce così l’ospite di una presentazione che ha portato, in Comunità ebraica, un libro e un pubblico insolito. Si è parlato infatti di Presidenti, scritto da Adam Smulevich, giornalista dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che ha contribuito a far conoscere l’impegno di Gino Bartali in favore degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.
Di Presidenti si è parlato molto nel corso dell’ultimo mese su testate nazionali e non. Le sue pagine raccontano tre storie: quella di Raffaele Jaffe, fondatore della squadra del Casale Foot Ball Club nel 1909, di Giorgio Ascarelli, fondatore del Napoli Calcio e di Renato Sacerdoti, l’uomo che gettò le basi per il primo scudetto della Roma. Tre presidenti di club calcistici, tre ebrei che, o in vita, o in memoria furono cancellati dalle leggi razziali fasciste. Proprio per ricordare Jaffe in giorni in cui si parla molto di razzismo negli stadi, ecco l’invito a Smulevich a presentare il libro in vicolo Salomone Olper. Al suo fianco uno storico dei Nerostellati come Giancarlo Ramezzana che ha portato pezzi pregiati del suo sterminato archivio storico: fotografie, lettere, locandine, alcune delle quali pubblicate anche nel volume di Smulevich, che ci riportano direttamente a quell’epoca eroica dei primi del Novecento e allo scudetto cucito sulle maglie del Casale dal 1914. E poi c’è il figlio Max Ramezzana, scenografo casalese che attraverso i suoi disegni ha saputo forse cogliere il lato più umano di Jaffe, quello di essere un pragmatico sognatore.
Afferma Smulevich: “Dalla Storia di Jaffe sono rimasto colpito dalla sua formidabile intuizione: un professore che un giorno, vedendo alcuni ragazzi che giocano a pallone concepisce la risposta allo strapotere di una squadra vicina come la Pro Vercelli .È affascinante vedere come, anche nel sobrio Piemonte, il calcio incarnasse un campanilismo tipico italiano che però in quell’epoca si trasformava in un elemento gioioso e sportivo”.
“L’effetto delle leggi razziali fu devastante in tutta Europa – esordisce Ramezzana senior – tanto che in Polonia scomparvero 26 giocatori della Nazionale, di questi 11 finirono come Jaffe: ad Auschwitz”. Ma poi la passione calcistica dei presenti (si scopre che anche Claudia De Benedetti è piuttosto preparata in materia), dirotta la biografia sugli anni eroici di questo insegnante ebreo che trasferitosi a Casale ai primi del Novecento ha saputo catalizzare risorse logistiche e sportive verso il successo.
Un successo che Jaffe sembra considerare molto personale, perchè emerge una personalità intelligente, di grandi capacità morali, ma anche sicura di sé fino all’eccesso. Di certo però Jaffe conosceva gli uomini e sapeva cogliere l’attimo: all’epoca della fondazione del club Nerostellato a Casale il “pallone” è un altro, è quello “elastico” e una partita di palla bracciale al Valentino può catalizzare anche 2.000 spettatori per ore. Per inciso nella Casale di allora esisteva già una squadra di appassionati di football, considerati un po’ matti dalla gente, Jaffe compreso. Lui però si innamora dello sport, rifonda la società, i suoi allievi dell’Istituto Leardi forniscono le gambe. Anche quando lascerà la presidenza non si mostrerà meno caparbio. Da dirigente si spende per tutto, litiga con molti. Nelle foto del Casale con lo scudetto 1914 la sua immagine è al posto d’onore. Sembra megalomania, ma non si può dire che non se lo sia meritato.
In realtà di aneddoti su Jaffe se ne raccontano tanti nel corso del pomeriggio. Merito di una platea affollata di esperti, dove porta il suo contributo anche Gianni Turino, ricordando le sue storiche interviste alla famiglia e ai giocatori di quegli esordi. Alcuni aneddoti sfiorano la leggenda, altri non sono del tutto coerenti tra loro, ma quello che si coglie è la poesia della vicenda, che poi è ciò che unisce queste tre figure così differenti: Jaffe un dirigente caparbio, Ascarelli un imprenditore filantropo al punto da dare a Napoli uno “stadio di proprietà” pagandolo di suo, Sacerdoti un passionale “core de Roma”. Tutti hanno avuto la capacità di sognare qualcosa che sembrava impossibile e di regalare questo sogno alla loro città. Forse il danno peggiore fatto dal fascismo, che quei nomi li ha voluti cancellare, esiliare quando non addirittura uccidere, è stato di depredare prima di tutto una memoria che oggi sarebbe molto utile, specie attorno ad uno campo di calcio.
Alla fine dell’incontro nasce un’idea concreta per ricordare anche la fine tragica della storia di Jaffe: collocare una Pietra d’inciampo in suo ricordo. Come i casalesi sanno, si tratta di piccoli sampietrini che vengono istallati dall’artista Gunter Demnig in memoria delle vittime della Shoah di fronte all’ultimo luogo dove viveva la persona deportata, nel caso di Jaffe si tratterebbe di Corso Indipendenza a Casale. Adam ha rintracciato un ramo dei Jaffe a Genova che potrebbe inoltrare la domanda per l’opera commemorativa, ma sarebbe bello che la richiesta venisse anche dagli eredi più conosciuti della sua memoria: la squadra che ha fondato.

Alberto Angelino

(6 novembre 2017)