Torino, scuola – Incoraggiare le domande

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Chi l’ha detto che per fare il preside di una scuola – anzi, di tre – bisogna aver insegnato per tutta la vita? Arrivato a Torino in punta di piedi, Marco Camerini sembra sfidare una delle regole auree della governance scolastica. Milanese, 44 anni, laureato in filosofia, Camerini coltiva sì da sempre la passione per la didattica avendo tenuto corsi di ebraismo per bambini, di social learning per studenti e di storia del jazz per adulti. Ma il suo bagaglio professionale arriva soprattutto da un altro mondo: quello della gestione delle risorse umane. Una prospettiva che Camerini, nuovo “coordinatore didattico” della Scuola ebraica cittadina (174 allievi tra infanzia, elementari e medie) intende portare a suo modo in via Sant’Anselmo. Prof. Camerini, passato lo “stupore” per la scelta? «Ho intrapreso l’incarico con la massima umiltà, ma anche la convinzione di poter contribuire a un bel percorso di crescita. Per rendermi conto di quanto la Scuola sia già oggi un polo di assoluta eccellenza sono stato io a chiedere ai genitori dei bambini di raccontarmi la Scuola, pregi e difetti. Ne è emerso un quadro di totale entusiasmo per il nostro approccio». Quali sono queste virtù? «Primo, una qualità della didattica oggettivamente alta. Secondo, un approccio allo studio ispirato ad un metodo profondamente ebraico: l’incoraggiamento costante della domanda, del confronto sulle fonti, del pensiero critico da parte dell’allievo. Terzo, l’inclusività e l’attenzione riservata ai bimbi con difficoltà, fisiche o di apprendimento, nella convinzione che ciascuno vada aiutato a sviluppare le proprie potenzialità. Quarto, la capacità della Scuola di trasmettere un senso d’identità, pur nel pieno rispetto delle diversità. Da noi ebraico ed ebraismo sono due materie a tutti gli effetti curriculari, per gli allievi ebrei così come per quelli di altre religioni. Ebbene, sono stati proprio i genitori di questi ultimi a dirmi quanto apprezzano tale elemento: il portato di valori che ne emana spinge gli allievi a confrontarsi costantemente con la propria identità, stimolando una riflessione che nel mondo è spesso ridotta al lumicino». Quali dunque gli obiettivi della sua presidenza? «Comunicare di più e meglio: ho idea che i tanti progetti portati avanti dalla Scuola spesso non siano sufficientemente noti. Mantenere e rafforzare l’identità ebraica: intesa non solo come attributo religioso in senso stretto, ma anche come “colorazione identitaria” al nostro approccio didattico. E poi lavorare sul corpo docenti per renderlo sempre più coeso. Oggi l’innovazione procede a ritmo serrato ed è essenziale che tanto la didattica quanto gli insegnanti siano costantemente aggiornati: la sfida è formare dei nativi digitali a un mondo in continuo cambiamento». l’avvio del suo i ncarico è coinciso con l’inizio del nuovo anno ebraico. Che augurio ha rivolto ai ragazzi? «Ho augurato loro di impegnarsi nella propria crescita. Proprio dalle feste ebraiche d’inizio anno traiamo l’insegnamento che non esistono automatismi, formule magiche: ogni miglioramento dipende solo da quanto siamo disposti a lavorare su noi stessi. E lo stesso augurio, saper crescere e non smettere mai di apprendere, ho rivolto a tutta la Scuola, me compreso».

Simone Disegni, La Stampa Torino

(17 novembre 2017)