Une chanson écrite en captivité
Durante la Seconda Guerra Mondiale, sia nella Francia occupata che nello État français (Regime di Vichy), la Société des Concerts du Conservatoire e Radio France eseguirono e trasmisero opere scritte da compositori francesi nei Campi di prigionia militare aperti in territorio tedesco.
Nel 1941 Radio France trasmise il Concerto per pianoforte e orchestra di Émile Goué scritto nel medesimo anno presso lo Oflag XB Nienburg am Weser ed eseguito dall’Orchestre National de France; l’11 gennaio 1942 l’Orchestre de la Société des Concerts du Conservatoire diretta da Charles Munch eseguì in prima assoluta Stalag IX [Musique d’exil] per orchestra scritta nel 1941 da Jean Martinon e Œdipe Roi su testo di Jean Cocteau per narratore, coro maschile e orchestra di Maurice Thiriet (entrambe le opere scritte presso lo Stalag IXA Ziegenhain).
Nel 1942 a Neuengamme Hans Alf Dortmann scrisse il testo del Lied Konzentrationäre – conosciuto come Neuengammer Lagerlied – sul canto militare tedesco Fern bei Sedan auf den Höhen, nel testo compare ben due volte il termine Konzentrationär; Dortmann consegnò alla posterità l’attributo concentrazionario riferito a persone, pensieri e contesti inerenti la cattività e lo status deportatorio.
Nel 1943 la casa editrice musicale parigina Paul Beuscher pubblicò lo spartito della canzone Les plus Beaux Jours [a ma femme] scritta nel novembre 1941 presso lo Stalag IVB Mühlberg dal compositore francese Bulent Aris su testo del paroliere francese Daverdain; lo spartito reca sul frontespizio la dicitura Une chanson écrite en captivité.
Nel 1943 la radio svedese AB Radiotjänst, in virtù del proprio status di ente radiofonico di Paese neutrale, chiese e ottenne l’autorizzazione a effettuare alcune registrazioni concernenti l’attività musicale presso lo Ilag VIIIZ Kreuzburg; nel dicembre del medesimo anno la suddetta radio trasmise Music behind barbed wire e due brani dalla suite The Turning World per pianoforte a 4 mani scritti da William Hilsley a Kreuzburg (al pianoforte William Lind e Sune Waldemir).
Nell’agosto 1944 Johnny & Jones (nella foto) alias gli ebrei olandesi Nol van Wesel e Max Kannewasser, deportati a Westerbork, registrarono in vinile presso gli studi NEKOS [Nederlandse Klank Opname Studio] di Amsterdam sei canzoni con accompagnamento di chitarra create a Westerbork (Westerbork Serenade, De mooiste bloem uit de “lawa”, Consi–ballade, Wij sloopen met muziek, Willy Rosen potpourri, “Floep” zei de stamper), tale H.[?] Luder, sound engineer della NEKOS, conservò le copie delle registrazioni fonografiche stampate pochi anni dopo la Guerra da NEKOS e NSF (l’attuale Decca); nonostante lo stato critico del materiale fonografico, esse costituiscono un prezioso documento storico della fonografia concentrazionaria.
Migliaia di documenti cartacei e fonografici ci consegnano una storiografia musicale concentrazionaria che già si delineava in piena guerra; del resto, il blues creato durante la prima metà del sec. XIX da genti africane schiavizzate nelle piantagioni di cotone statunitensi – il linguaggio musicale del gospel e del jazz discendono dal blues – non è altro che musica concentrazionaria.
Il tempo della cattività si espande sin quasi a fermarsi e ciò costituisce per il musicista una sofferenza e contestualmente una liberazione delle proprie energie; per un gioco di drammatici, lunari paradossi il Lager tolse al compositore i più elementari diritti umani offrendogli la possibilità di scrivere e fare musica senza l’assillo della quotidianità.
Non si tratta soltanto di salvare la musica sopravvissuta al più grande tsunami della Storia e comunque la perdita di vite umane è incolmabile; urge ripristinare il grande pensiero musicale del primo Novecento distrutto da guerra e deportazioni e del quale, in una visione non affascinante di futuri linguaggi musicali nonché in una sorta di parallelismo cronologico di inizio di un nuovo secolo, ne abbiamo disperatamente bisogno.
Francesco Lotoro