Decostruire i monumenti
Un articolo uscito sul New Yorker – apparso in Italia sia su Internazionale che sul giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche – e firmato da Ruth Ben-Ghiat, professoressa di storia e studi italiani alla New York University, rifletteva sui monumenti del ventennio in Italia, e di come la maggior parte di essi restassero in piedi in opposizione a ciò che avviene abitualmente in altri paesi, come per esempio in Germania. Il testo è stato duramente criticato da più parti ed interpretato come un’invito alla demolizione dei monumenti fascisti.
In realtà come ha risposto l’autrice, la quale ha asserito di aver subito a tal proposito offese maschiliste e antisemite, il suo era un “appello alla sensibilizzazione, lanciato mentre la destra risorge un po’ ovunque, per riflettere su come interagire con questi edifici e con l’eredità storica a cui sono legati”. Il discorso, come ha spiegato anche Roberto Saviano sull’Espresso, è quanto questi simboli influenzano la nostra vita e il nostro quotidiano, e se essi finiscono per costituire un monito o una memoria da rispolverare. Tra l’abbattimento e la piena restaurazione, la soluzione potrebbe essere una ricontestualizzazione o semplicemente un “depotenziamento”. A Bolzano, una delle città che paradossalmente presenta numerosi monumenti fascisti, è stata installata da poco su un lungo bassorilievo con Mussolini a cavallo, presente sul Palazzo del Tribunale, una scritta luminosa con le parole di Hannah Arendt “Nessuno ha il diritto di obbedire”. In tedesco, ladino e italiano. Non sono mancate ugualmente le critiche, per quello che è stato definito uno “scempio”. Forse le parole “Credere, obbedire, combattere” restano per la maggior parte, tuttora più affascinanti.
Francesco Moises Bassano
(24 novembre 2017)