JCiak – Due bimbi in fuga dai nazisti
“Sei ebreo?” lo incalza il padre schiaffeggiandolo. “No”, mente il piccolo Joseph fra le lacrime. “Meglio il dolore di uno schiaffo che perdere la vita perché se ne ha paura”, lo conforta il padre. Sono i preparativi che, nella Francia occupata dai nazisti, precedono la fuga del bambino e del fratello Maurice in Un sacchetto di biglie di Christian Duguay da oggi al cinema. Tratto dall’omonimo romanzo in cui Joseph Joffo aveva raccontato la sua odissea e già adattato per il grande schermo nel 1975 da Jacques Doillon, il film arriva in Italia in occasione del Giorno della Memoria dopo aver totalizzato l’anno scorso in Francia quasi un milione di spettatori.
La prima versione cinematografica di Un sacchetto di biglie, un bestseller che ha venduto oltre 20 milioni di copie in 22 paesi, non era piaciuta allo scrittore Joseph Joffo. L’adattamento di Christian Duguay ha invece ottenuto la sua piena approvazione. “Queste immagini della mia infanzia sono la mia ricompensa, il mio bastone da maresciallo. Quando ho visto Patrick Bruel nel ruolo di mio padre ed Elsa Zylberstein in quello di mia madre mi è sembrato di ritrovarli. Ho ritrovato lo spirito dell’epoca, le scene chiave, gli ambienti, la relazione con mio fratello, tutto”.
La storia di Joseph e del fratello Maurice di due anni più grande, nel film interpretati dai bravissimi Dorian Le Clech e Batyste Fleurial, prende il via quando il padre Roman, parrucchiere di origine russa scampato ai pogrom, decide di lasciare Parigi perché diventata troppo pericolosa per gli ebrei e di raggiungere la Francia libera.
Per sfuggire ai sospetti la famiglia si separa con la promessa di ritrovarsi a Nizza. I due bambini sono così costretti a dire addio alla propria infanzia, simboleggiata dal sacchetto di biglie del titolo, per intraprendere un viaggio carico di pericoli. Tappa dopo tappa, fra mille peripezie, riescono ad arrivare a sud grazie all’aiuto di chi sceglie di aiutarli e a una straordinaria intraprendenza.
A Nizza riabbracciano i genitori ma il precipitare degli eventi rende la città insicura e il viaggio ricomincia fino all’epilogo dolceamaro del 1944, quando la famiglia Joffo si ritrova a Parigi. All’appello manca però il padre, morto in un campo di concentramento.
Il regista Christian Duguay conferma l’abilità nel dirigere i bambini già dimostrata in Belle & Sebastien – L’avventura continua (2015) e il film, da lui definito “un road movie storico”, riesce a evitare le trappole del sentimentalismo e della retorica.
Resta da vedere se Un sacchetto di biglie ripeterà in Italia l’exploit di pubblico registrato in Francia, dove il libro di Joseph Joffo, pubblicato ne 1973, è da tempo parte integrante del curriculum scolastico. La guerra e la Shoah visti dai bambini possono sembrare una proposta scontata, soprattutto nei paraggi del Giorno della Memoria, ma vale la pena di tenere a mente le parole di Joseph Joffo.
“In questo momento, la storia che ho vissuto risuona in modo particolarmente forte”, ha detto lo scrittore oggi 86enne dopo aver visto il film. “A causa del terrorismo, anche i bambini di oggi sono costretti a fuggire. Come noi 50 anni fa, si ritrovano per strada, completamente isolati e lasciati a se stessi. Spero che il film ci sproni a interrogarci sul destino dei bambini e di queste famiglie distrutte”.
Daniela Gross