La moda del lapsus

Anna SegreSi può dire qualunque cosa purché poi si dichiari che si è trattato di un lapsus? Gli allievi interrogati lo fanno in continuazione: danno una risposta, guardano la faccia dell’insegnante e poi eventualmente si correggono affermando che è stato un lapsus. E naturalmente protestano se viene contato come errore. Fanno così, s’intende, anche quando le possibili risposte sono solo due, e quindi il sistema garantisce il 100% di probabilità di dare una risposta corretta. Niente male, vero?
Nell’Italia di oggi le persone non sono affatto tenute ad assumersi la responsabilità per quello che dicono. Basta che dichiarino che è stato un lapsus o che non si riconoscono nelle parole che hanno pronunciato (altra moda singolare molto diffusa, anche se non si capisce bene cosa voglia dire) e il gioco è fatto: chi si permette di ricordare le parole pronunciate e poi smentite è accusato di fare polemiche strumentali.
Inutile ricordare che in teoria il lapsus è una cosa molto diversa: può essere una singola parola pronunciata al posto di un’altra, non un discorso intero. È possibile, per esempio, tirare in ballo il lapsus per smentire un discorso in cui si lamenta il rischio della scomparsa della razza bianca? Quale espressione corretta al posto di “razza bianca” avrebbe reso il discorso sensato? “Cultura occidentale”? “Cultura padana”? “Cristianesimo”? Non si è capito, e in effetti mi pare impossibile trovare un’espressione al posto di quella smentita che avrebbe potuto rendere il discorso accettabile, almeno per noi ebrei.
Già è patetico quando gli allievi pur di non riconoscere semplicemente di non avere studiato si fingono così ottusi da dire “sì” quando intendono “no” e viceversa. Ma che politici che si candidano a sedere in parlamento o a guidare regioni importanti affermino di essere così stupidi da dire “razza bianca” quando intendono “cultura dell’uguaglianza e del rispetto” è piuttosto sconcertante: perché la gente dovrebbe votare per qualcuno che non sa neppure parlare e dice esattamente il contrario di quello che intende? Ovvio che nessuno pensa realmente di votare per degli stupidi: gli elettori sanno perfettamente che la smentita è una farsa e che quelle parole sono state pronunciate deliberatamente, perché sono proprio quelle parole, e non altre, ad attirare gli elettori che si vogliono attirare; e infatti gli elettori che le hanno ascoltate sanno benissimo che non c’è stato nessun lapsus, ammirano i politici che le hanno pronunciate e magari si divertono per le finte smentite, così come molti studenti ammirano i compagni che arrivano alle interrogazioni impreparati e tengono testa agli insegnanti con polemiche pretestuose. E intanto la frase smentita non può essere discussa né criticata e circola liberamente.
Assumersi la responsabilità per ciò che si dice è decisamente passato di moda.

Anna Segre, insegnante

(19 gennaio 2018)