De Benedetti, ricordo a più voci
Da motzè shabbat a domenica sera si è tenuto a Milano un convegno di studio e approfondimento della complessa figura del biblista e filosofo astigiano Paolo De Benedetti (1927-2016) incentrato sul suo pensiero religioso. L’incontro è stato promosso da Biblia, Associazione laica di cultura biblica, di cui De Benedetti è stato a lungo vice-presidente e presidente onorario nonché ‘maestro’, e oggi presieduta da Agnese Cini. Dopo una carriera nel mondo editoriale in Bompiani e Garzanti, è stato a lungo docente di giudaismo alla facoltà di Teologia dell’Italia settentrionale a Milano e negli istituti (non ecclesiatici) di Scienze religiose a Trento e Urbino. Chi scrive ne ha presentato la complessa identità a partire dalle radici familiari, dalla sua formazione filologica e filosofica nella Milano degli anni Cinquanta e dall’impatto con l’amico, filosofo cattolico della religione, Italo Mancini nella scoperta di Bonheoffer e Dostoevskij, e parallelamente di Agnon, Buber, Wiesel, Petuchowski, Neher e altri esponenti del pensiero ebraico, che De Benedetti contribuì a far tradurre e pubblicare in Italia. Annoverava Dante Lattes tra i suoi maestri, fu amico di Rav Elia Kopciowski e godette la stima profonda di Rav Laras. Altri aspetti del suo pensiero teologico sono stati esplorati da Claudia Milani (la dimensione midrashica dell’approccio debenedettiano alle Scritture di Israele); da Stefano Levi Della Torre (i Pirqè Avot, commentati da PDB); da Piero Stefani e Gabriella Caramore (la questione del ‘Gesù ebreo’ in rapporto alla teologia cristiana).
Due relazioni sono state dedicate agli aspetti più difficili ma originali del pensiero di De Benedetti. Sotto il titolo: “Quel che a Dio è riuscito bene: i fratelli animali” il filosofo Mino Chamla, docente alle scuole ebraiche di Milano, ha affrontato la cosiddetta “teologia degli animali” con la quale il maestro di Asti opera una decostruzione dell’antropocentrismo tipico di certa teologia e un rilancio del noachismo come alleanza divina con tutto il creato, e non solo con gli esseri umani. Chamla si è soffermato soprattutto sulle implicazioni etiche di questa nuova impostazione, inclusa la centralità dell’opzione vegetariana, di cui molti maestri ebrei sono pionieri. Sotto il titolo: “Quel che non Gli è riuscito: il silenzio di Dio e la Shoah”, l’editore fiorentino Daniel Vogelmann, amico di De Benedetti, ha riletto alcune pagine della di lui opera “Quale Dio? Una domanda dalla storia”, nella quale risuonano le domande difficili, se non impossibili, tipo “dov’era Dio ad Auschwitz?” e dove si abbozza l’idea della “necessità teologica della resurrezione” affinché Dio, per così dire, si discolpi e renda giustizia alla sofferenza innocente presente nel mondo. Un convegno, moderato da Gadi Luzzatto e Laura Novati, denso e ricco di provocazioni intellettuali, nello stile debenedettiano, che ha visto anche un toccante momento musicale nell’esecuzione del Qaddish di Ravel in onore del maestro astigiano.
Massimo Giuliani
(13 marzo 2018)