Israele e gli ebrei americani
(visti dall’Italia)
Sono sempre stata una convinta sostenitrice del modello italiano unitario – in cui diversi modi di vivere l’ebraismo e diversi livelli di osservanza coesistono all’interno di comunità territoriali ufficialmente ortodosse – e l’ho difeso in decine di scritti e centinaia di discussioni. Tuttavia non credo che ci possiamo permettere di ignorare che il nostro non è affatto il modello prevalente nell’ebraismo diasporico, e in particolare negli Stati Uniti. Molti personaggi (artisti, scienziati, politici, ecc.) che agli occhi del mondo sono ebrei appartengono a comunità non ortodosse, così come appartengono a comunità non ortodosse molti esponenti di organizzazioni ebraiche internazionali, che – ci piaccia o meno – sono viste da tutti come la voce degli ebrei di fronte al mondo.
Sono dunque rimasta un po’ sorpresa dalle parole sbrigative con cui Rav Momigliano nel suo intervento di due giorni fa ha liquidato il Presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder come un “sapientone” che predica sul New York Times. Davvero noi ebrei italiani possiamo credere che il World Jewish Congress sia del tutto irrilevante e che il suo presidente sia una voce isolata da trattare con sufficienza? Rav Momigliano parla del pericolo di “accrescere incomprensioni e spaccature nel mondo ebraico” ma le spaccature esistono già da uno o due secoli indipendentemente da quello che possa pensare Lauder o che possiamo pensare noi.
Peraltro l’articolo di Lauder non intendeva sollecitare divisioni ulteriori, ma, anzi, metteva in guardia contro il pericolo di una frattura tra Israele e gli ebrei americani. Secondo la sua opinione Israele, pur avendo un modello di ebraismo prevalentemente ortodosso al di là del livello di osservanza dei singoli (un modello simile a quello italiano, dunque non siamo poi così isolati e anomali come sostengono alcuni), era riuscito nei suoi primi settant’anni di vita a creare un legame forte con l’ebraismo americano, prevalentemente non ortodosso. Ora, a detta di Lauder, questo legame sta venendo meno a causa di una serie di scelte politiche israeliane che hanno portato molti ebrei americani a non sentirsi più benvenuti nello stato ebraico a differenza di quanto era accaduto finora. Non sta certo a me dire se abbia ragione o no, ma indubbiamente una presa di posizione così dura da parte del presidente del Congresso Mondiale Ebraico non può non preoccupare chiunque abbia a cuore il futuro di Israele.
Anna Segre, insegnante
(23 marzo 2018)