Siria, orrore che ci indigna
Ma attenzione ai paragoni
Una riflessione che coinvolge studiosi e comuni cittadini propone un discutibile accostamento fra genocidi diversi fra loro e in particolare tra la Shoah e quanto sta accadendo in Siria, che probabilmente ha come fondamento (l’accostamento) il sentimento di disperazione e strazio dinanzi all’efferatezza dei reati commessi, l’indifferenza del mondo, così come l’impotenza del singolo dinanzi ad un potere costituito e determinato a realizzare un nuovo ordine. La rabbia si accende in noi dinanzi a ciascun atto di ingiustizia e di dolore, proprio perché abbiamo sofferto e proprio perché sappiamo quanto è crudele il silenzio o la negazione di ciò che avvenne o sta accadendo, ma questa riflessione deve essere accompagnata da una chiara precisazione circa l’unicità della Shoah. Se già la si cita.
ll dramma siriano così come altri tragici massacri in Turchia, Asia, Africa, specialmente contro minori, il cui futuro è spezzato, sono vicende umane che ogni giorno tolgono respiro e speranza, confermando la lucida analisi sulla banalità del male. Impongono responsabilità che le organizzazioni internazionali preposte per prime si scrollano di dosso, e chiaramente rappresentano un’emergenza da affrontare, ma ritengo simile accostamento improponibile e ciò in ragione appunto dell’unicità della Shoah nella storia dell’uomo.
Chi ci legge da queste pagine lo sa certamente, ma è bene rimarcarlo e ricordarlo, e proprio in questi giorni che ci avviciniamo alla festività di Pesach. Ricordare che l’annientamento del popolo ebraico non è iniziato con la Shoah, ma con un piano ben preciso nell’antico Egitto, dove sistematicamente i figli maschi venivano uccisi alla nascita per evitare che si sviluppasse la discendenza e schiavizzando un intero popolo al servizio di una potenza. Cosa è cambiato in questi millenni? Nulla. Nazisti, coadiuvati in Italia dai preposti fascisti, hanno proseguito questo piano con ancor più rigore e scientifica pianificazione. I loro eredi oggi proseguono la perpetuazione dell’odio.
La liberazione, che celebriamo e ricordiamo nella sera della Pasqua, non ha generato una condizione di libertà permanente, ma un doveroso e continuo imperativo a non dimenticare. A tramandare questo ai nostri figli nel rispetto silenzioso dovuto alle sei milioni di vittime e dei pochissimi che dal lager sono tornati.
La ricerca storica e il libero dibattito sul tema dei genocidi non devono porre tabù e costituiscono un valore inviolabile. Ma al tempo stesso è fondamentale tener conto dell’esigenza di chiarezza, necessaria per una società sempre più smarrita, che per mille ragioni – come ci spiegano gli storici – con quella Memoria fatica sempre di più a confrontarsi.
Noemi Di Segni, Presidente UCEI
(27 marzo 2018)