Setirot – Il veleno mediatico
Breve preambolo: accennerò all’ultima tragedia di Gaza, ma non è del fatto in sé che intendo parlare. Sulla vicenda credo – come d’altronde molti israeliani e i vertici dello Shin Bet, l’intelligence interna – che da parte dell’IDF ci sia stata una over reaction, esattamente come penso che chi incita e spinge uomini, donne, e perfino qualche vecchio e qualche bambino a comportarsi come fossero soldati di un vero esercito in grado di invadere e magari riprendere simbolicamente quella che si ritiene essere la propria terra sia un atto di criminale cinismo politico. Aggiungo che la partecipazione assai scarsa della popolazione alla “marcia” è un’ulteriore prova di quanto Hamas rappresenti sempre più un regime dittatoriale islamofascista che gioca al massacro con il suo popolo (a Gaza ci sono quasi due milioni di persone, Hamas ne ha portate “in piazza” solo 35000, cioè gli affiliati).
Detto ciò, voglio soffermarmi su uno di quei comportamenti, mediatici e no, “da poco” (schifati dai nostri benaltristi) che mi ha parecchio irritato. Esiste un’opinione pubblica e istituzionale più che giustamente indignata, quasi furibonda, per lo sconfinamento in territorio italiano della Gendarmeria francese a Bardonecchia. Cancellerie in subbuglio, frenetici contatti, scuse e controscuse. Benissimo. È una condanna sacrosanta, a maggior ragione tenuto conto della peculiare vicenda che riguarda i migranti. D’altro canto, il possibile sfondamento di un confine tra due entità nemiche (lo Stato di Israele e l’autoproclamato governo di Hamas su Gaza con conseguenti decimazioni e purghe anti OLP/ANP) viene “vissuto” e trattato come una bazzecola di cui l’esercito israeliano approfitterebbe per portare morte e sangue. Così non va. Non va per chi ha a cuore i popoli e non le leadership. Non va per chi cerca una soluzione di pace vera e non fatta di vuoti slogan. Così non va, o meglio non dovrebbe andare, per chi auspica una narrativa reale del conflitto. Invece, come ha ben scritto sul Messaggero e sul Mattino Fabio Nicolucci, analista strategico, esperto di relazioni internazionali, politica e sicurezza del Medio oriente in un articolo dal titolo emblematico “Il destino triste dei popoli condannati a combattersi”, siamo di fronte a due narrazioni che si guardano soltanto attraverso specchi deformanti invece che diritto negli occhi.
Stefano Jesurum, giornalista