Effetto Iran, opinioni a confronto
L’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano è ancora tra i temi su cui più ci si confronta sui quotidiani italiani (insieme, naturalmente, agli ultimi scenari politici per la formazione di un governo).
Ad essere segnalata, su un piano economico, è la preoccupazione di molte grandi aziende (tra cui alcune italiane) che rischiano di veder vanificato un giro d’affari con Teheran. “La decisione del presidente americano di revocare l’accordo nucleare e di ripristinare le sanzioni mette a dura prova le cancellerie della Ue che cercano di salvare l’accordo anche senza la partecipazione americana e getta nello scompiglio le imprese europee. Erano appena tornate ad operare in Iran – scrive il Corriere – e già si trovano a un bivio: ritirarsi o rischiare di essere penalizzate nei loro rapporti col mercato americano”.
Critico con la linea della Casa Bianca Bernardo Valli su Repubblica: “Con una mossa, più che accentuare l’isolamento degli Stati Uniti, Donald Trump ha minato la credibilità della sua presidenza. E con essa – sostiene – il rapporto con gli alleati europei”. La prima, la credibilità, ne soffrirebbe “perché non rispettando, con una decisione unilaterale, l’accordo sul nucleare iraniano, Trump viola le regole internazionali, si ritira da un impegno sottoscritto dal suo Paese e confermato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. È un po’, scrive Valli, “come venir meno a una parola data senza un motivo che lo possa giustificare”.
Parla di “rivincita di Netanyahu” Rolla Scolari su La Stampa. “Sono passati soltanto due mesi da quando la stampa internazionale si interrogava sulla tenuta di Netanyahu. Il premier israeliano è stato ascoltato dalla polizia su diversi casi di presunta corruzione, e per giorni si è parlato di testimoni che avrebbero potuto affossare la sua lunga carriera. All’indomani dell’annuncio di Donald Trump – si legge – il quotidiano Washington Post parla di momento Netanyahu, ribaltando la posizione del primo ministro”.
Scettico Fabio Nicolucci (Il Messaggero), secondo cui l’abrogazione sarebbe un colpo alla sicurezza di Israele sul piano della “guerra tra le guerre che sta conducendo in Siria contro Iran e Hezbollah”. Perché è proprio sul terreno siriano, sostiene, “che la decisione di Trump è debole”. Una mossa debole, “perché priva di strategia sul lungo periodo”.
Su 7 del Corriere Rossella Tercatin firma un approfondimento dedicato al digiuno nelle principali tradizioni religiose. Il rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, racconta in questo contesto come gli ebrei si rapportano con il Kippur. “È un appuntamento molto denso di significati, un forte richiamo a se stessi. E poi – spiega – è sociologicamente provato che quanto più una pratica è rara, tanto più è seguita”. Nell’ebraismo, prosegue il rav, originariamente il digiuno non viene visto in modo favorevole: Yom Kippur era un caso unico. “Poi su questo approccio si innesta la storia, con una serie di digiuni istituiti per commemorare eventi luttuosi, a partire da quello del 9 del mese di Av, che ricorda la distruzione del Tempio di Gerusalemme”.
Il regime fascista? “Una dittatura da condannare in parte, che ha perseguitato ebrei e partigiani, ma che ha portato benefici agli altri italiani”. È quanto pensa quasi uno su due (per l’esattezza il 44 per cento) dei giovani intervistati in scuole e università torinesi da Arci servizio civile. A riportare l’inquietante dato è il dorso locale della Stampa.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(10 maggio 2018)