Gli occhi puntati sul Colle
La rinuncia di Conte, la convocazione sul Quirinale di Cottarelli, la richiesta di impeachment del capo dello Stato formulata dal leader Cinquestelle Di Maio. Gli occhi di tutto il paese (e di molta opinione pubblica internazionale) puntati sul Colle.
Scrive Luciano Fontana, direttore del Corriere: “La sensazione è che, invece di ragionare seriamente sulla formazione del governo, Matteo Salvini, e in scia anche Luigi Di Maio, fossero impegnati a preparare la nuova campagna elettorale, a creare l’occasione per sfilarsi da un accordo fragile e rischioso, pieno di promesse impossibili. Meglio tornare a fare la cosa che riesce loro più congeniale, agitare le piazze e scatenare campagne sulla Rete avendo trovato anche un nuovo obiettivo”.
“Se il presidente avesse ceduto, piegandosi a ultimatum e minacce, e si fosse rimangiato la sua unica obiezione – l’opinione di Mario Calabresi, direttore di Repubblica – sarebbe andato in pezzi l’equilibrio tra i poteri dello Stato. Non ci sarebbe stato più alcun argine alle forzature e all’arroganza”.
“Va detto subito chiaramente – sottolinea Marcello Sorgi, su La Stampa – è una sfida molto pericolosa, ai limiti dell’irresponsabilità, quella lanciata ieri da Meloni e Di Maio (e alla quale, è prevedibile, si assocerà anche Salvini), minacciando l’impeachment del presidente della Repubblica”.
Il ministro della Salute di Hamas ha ammesso che non vi sono certezze sulla morte di Leila al-Ghandour, di otto mesi, che i genitori avevano portato senza vita in ospedale sostenendo che fosse morta a causa dei gas lacrimogeni lanciati dagli israeliani lungo il confine di Gaza. Scrive La Stampa: “Che queste certezze non vi fossero era emerso immediatamente ma troppi mezzi di informazione, concedendo solo qualche condizionale nel testo, non avevano rinunciato a lanciare titoli sulla morte della bambina (e in alcuni casi la foto del suo corpicino tra le braccia dei parenti), lasciando intendere che fosse vittima della violenza israeliana”.
Nel frattempo però, si legge ancora, “la fake news ha raggiunto l’obiettivo: mostrare la crudeltà di un popolo che uccide senza pietà anche i bambini”.
A Militalia, fiera italiana di cimeli di guerra che si svolge dal 1969 a Novegro, in provincia di Milano, in vendita anche due divise di deportati a Dachau. “La prima è intonsa, ha larghe strisce blu e il triangolo verde che classificava i detenuti comuni. La seconda è lisa e sporca di macchie color ruggine” scrive Repubblica.
Ma a Minitalia non si trovano soltanto tute a righe di Dachau “esposte senza enfasi come se si trattasse di merce comune”. Ci sono infatti, si legge, “divise delle SS, manganelli Dux Mussolini, busti in bronzo di Benito, piatti e foto ricordo con la faccia di Hitler, svastiche di ogni dimensione, medaglie, berretti, stivali, pistole, mitragliatrici, pugnali”.
Turbata la Testimone e neo senatrice a vita Liliana Segre, che afferma: “È a forza di indifferenza che queste cose ritornano. Fino a quindici anni fa non si aveva il coraggio di esprimere certe idee, che c’erano ma rimanevano sopite. Tornano fuori adesso che siamo tutti morti, e non possiamo testimoniare”.
Il quotidiano raccoglie anche le opinioni del parlamentare Pd Emanuele Fiano e dello storico Marcello Pezzetti.
Proprio Segre sarà la protagonista dello spettacolo “Giobbe”, ideato dal compositore e artista israeliano Yuval Avital e in scena nei prossimi giorni alle Terme di Diocleziano per gli 80 anni delle Leggi razziste. Promosso dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e curato da Marilena Citelli Francese e Viviana Kasam, Giobbe ha il sostegno del Miur ed è prodotto da MusaDoc in collaborazione con Rai Cultura. Racconta Avital al Messaggero: “Liliana è l’alter ego di questo uomo giusto che non è ebreo ma è sacro per tutte e tre le religioni. Con lei ho utilizzato la tecnica dell’intervista silenziosa, in cui chiedo ai soggetti di non verbalizzare le risposte alle mie domande ma di viverle in silenzio”.
Segnata da alcune tensioni il finale del Giro d’Italia a Roma, in particolare per l’iniziativa di alcuni gruppi propal. Scrive il Messaggero: “È sempre lecito manifestare il proprio dissenso, ma questo non si può tradurre in aggressioni e tentativi di bloccare la corsa con un’invasione del tracciato. Ricordano, queste proteste scomposte, quegli slogan antisemiti che, spesso, macchiano il mondo del calcio e le curve”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(28 maggio 2018)