JCiak – Uno sguardo speciale
Un paziente fugge dalla clinica psichiatrica e si aggira per le vie di Tel Aviv con un martello pneumatico. Invece di risolvere il problema, che monta in un’escalation irresistibile, le autorità cercano in ogni modo di mettere la cosa a tacere. È la trama di The Blaumilch Canal, classico israeliano dell’umorismo a firma di Efraim Kishon, che ha aperto le danze alla quinta edizione del Reframing reality film festival che si chiude domani alla Cinematheque di Gerusalemme.
Promosso da Shekel, organizzazione che segue in Israele quasi 8mila persone con bisogni speciali, l’appuntamento propone una carrellata dei migliori film realizzati a livello internazionale sui temi della disabilità insieme a seminari, esperienze di realtà virtuale e incontri.
L’obiettivo è ridisegnare, alla luce dei film, gli stereotipi che ci assediano. A partire dall’idea che la disabilità è tutta uguale e non si esprima, come invece accade, in un’infinita varietà di forme e aspetti.
Accanto a titoli di richiamo quali la prima israeliana di Wonderstruck di Todd Haynes con Julianne Moore, storia di due bambini che in periodi storici differenti combattono con le medesime difficoltà; al tedesco At Eye Level di Joachim Dollhopf e Evi Goldbrunner che racconta di un bambino costretto a fare i conti con un padre affetto da nanismo; a Maudie, con Ethan Hawke e una bravissima Sally Hawkins, storia di un’artista disabile autodidatta, il festival propone alcuni lavori israeliani di grande interesse aprendo così una finestra su un mondo poco conosciuto.
Muhi: Generally Temporary (2017)di Rina Castelnuovo e Tamir Elterman è la storia vera di un bambino intrappolato suo malgrado nel conflitto israelo-palestinese. Colpito da un’infezione, Muhi (diminutivo di Muhammad) è portato d’urgenza in un ospedale israeliano dove gli amputano le braccia.
Lì rimane insieme al nonno, entrambi sospesi in un limbo burocratico che non consente loro di andarsene. Le corsie candide diventano così la loro casa o forse la loro prigione. Castelnuovo e Elterman, entrambi giornalisti, hanno seguito la storia nell’arco di alcuni anni finendo per disegnare il ritratto di un bambino straordinario sullo sfondo crudele della politica.
On the Spectrum, serie televisiva in onda su Yes e vincitrice del festival francese Series Mania, vede invece come protagonisti tre ventenni con disturbi dello spettro autistico che condividono un appartamento a Tel Aviv.
Al centro della storia, creata da Dana Idisis e Yuval Shafferman a partire dall’esperienza di Dana con il fratello autistico, troviamo Amit, un uomo che ancora cerca di capire come si usa l’autobus, la delicata Zohar che lavora in un caffé e cerca l’amore e Ron, affetto dalla sindrome di Asperger, ossessionato dalle televendite, dalla pulizia e dalla paura di uscire di casa.
Si sorride e si ride spesso di cuore perché le loro fragilità sono le nostre, perché noi siamo loro, perché nel mistero insondabile della comune umanità fra noi le loro non c’è alcuna differenza.
“Arriverà il giorno in cui festival come questo saranno inutili perché le persone con disabilità non saranno più definite deboli, diverse o altre”, dice Clara Feldman, responsabile di Shekel, l’organizzazione che promuove il festival e si occupa di un’ampia gamma di problemi – dai disturbi neurologici e cognitivi alle disabilità fisiche.
“Quando succederà cominceremo a vedere le reali abilità delle persone con disabilità esprimersi appieno. Quello sarà un grande giorno, non solo per loro ma per l’intera società israeliana”.
Daniela Gross
(31 maggio 2018)