Giulio Bourbon (1936-2018)
Se di una persona dici che è caparbio, convinto, ostinato, ti dicono che tu ne parli male. È vero che gli aspetti che così elencati appaiono negativi, può passare come un discorso cattivo – Lashon Hara. Ma se li assommi ad altri attributi come competente, attento, esperto, visionario, costruttivo ecco che qualcosa cambia. Anzi: cambia tutto. Descrivono una grande persona su cui puoi contare, che sa ciò che fa e che non scenderà mai a facili compromessi. Questo è Giulio come l’ho conosciuto. Prima di me Giulio l’hanno conosciuto altri come Adriana, Isa, Nella, Arturo, Bruno, Dario, Giorgio. Tutto ciò è parte di una gran bella storia, che nella sua narrazione contiene l’incognita, la speranza, l’imprevisto, e infine il risultato straordinario.
In sintesi la storia è quella che segue. Nel dopoguerra la Comunità ebraica di Casale cercò come rialzare la testa, per respirare l’aria della nuova libertà, con difficoltà inimmaginabili. Il fatto che i muri della sinagoga fossero ammuffiti e il tetto instabile non era una priorità, l’ordine delle cose importanti era diverso, era il ritorno alla vita, la conservazione dell’identità, la trasmissione dei valori, il non cedere alla rinuncia.
Ma nel difficile svolgersi della quotidianità comunitaria ebraica casalese, si prospettò in modo inaspettato la possibilità di attivare la richiesta di fondi per un primo restauro e ci voleva qualcuno che ne capisse qualcosa e sapesse come e dove metterci le mani. Ecco che il Sovrintendente Onorario Giulio Bourbon, giovane diplomato geometra, si palesò e la sua presenza fu fondamentale. Lui poteva provarci, e lo fece con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutte le sue sue forze.
Poi, avviate le pratiche, ci furono le attese per capire se davvero arrivavano i fondi, e arrivarono. Poi le incognite tecniche, non avendo chiarezza di cosa si nascondeva sotto i tetti, nelle cantine, dietro gli strati di fuliggine, polvere e muffe che negli anni avevano del tutto oscurato le decorazioni, gli stucchi, le tinture, e il risultato fu sorprendente. Poi la scelta – non scontata – di costituire un primo nucleo museale, e fu lungimirante.
Il risultato di ciò che Giulio seppe condurre fino ad oggi è una memoria per l’ebraismo casalese, italiano e internazionale.
Una ricostruzione che ha richiesto costanza, dedizione e generosità.
Giulio lo fece, e questa è la storia nella sua concretezza.
Da anni mi occupo con ruoli diversi, di molte scelte legate ai luoghi che Giulio aveva conservato con grande amore e dedizione. Con lui ci si scontrava, ma era poi un incontrarci sempre verso la soluzione migliore. Il suo carattere c’era eccome, ed era uno stimolo, una sorta di postulato da cui non potevi ne dovevi allontanarti perché lì c’era la chiave per trovare l’accesso alle soluzioni. In tal senso ritengo che la sinagoga, con i suoi spazi, siano la testimonianza di un Uomo giusto che lavorando silenziosamente ha donato agli altri una parte di sé; un suo personale contributo onesto e consapevole, un dono alla collettività nel suo insieme.
Oggi l’ufficio del direttore Bourbon è lì a piano terra. In questi luoghi, sul suo passato e presente, costruì la tesi di laurea con cui si laureò in architettura, mai pubblicata e che molti studiosi hanno più volte utilizzato per approfondimenti e ricerche. Lui sommessamente modesto, ma nel contempo giustamente aristocratico, vigilava su questi spazi conservando i segreti sul bene che aveva adottato come luogo del cuore.
Se oggi c’è la sinagoga di Casale, conosciuta amata e ammirata in tutto il mondo è anche grazie a Lui.
A noi resta il dovere di conservare, con rigore e rispetto, il lavoro iniziato quasi cinquanta anni fa, un patrimonio culturale aperto a tutta l’umanità, come le persone che con volontà di capire arrivano in sinagoga e visitano il complesso museale chiedendo e informandosi, per capire chi siamo noi ebrei italiani.
Grazie Giulio, che tu abbia solo buoni ricordi, Shalom,
Elio Carmi
(Nell’immagine Elio Carmi con Giulio Bourbon)
(29 luglio 2018)