Setirot – Contatti segreti
Come rivelano i media israeliani (ma la certezza che così fosse si respirava da tempo), contatti più o meno segreti ad altissimo livello tra israeliani e egiziani si susseguono almeno da un anno e mezzo. Tema: la situazione a Gaza. Il 22 maggio scorso, per esempio, il Primo ministro Benjamin Netanyahu ha incontrato “di nascosto” al Cairo il Presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi per discutere la situazione della Striscia: che si sappia, l’ultimo, appunto, di una serie di abboccamenti al vertice, a volte con la partecipazione di big russi e americani. La “normalizzazione” del territorio governato da Hamas è infatti prioritaria sia per Gerusalemme che per Il Cairo, e farebbe molto comodo anche alla ANP di Abu Mazen. Purtroppo non sembra siano stati fatti grandi passi in avanti anche se pare profilarsi all’orizzonte almeno un cessate-il-fuoco di medio termine da parte dei miliziani islamisti in cambio di un ampliamento della zona di pesca e la riapertura del valico di Kerem Shalom. L’obiettivo, naturalmente, è (non si capisce seguendo quale percorso), se non una pace vera e propria, la fine stabile della catena di atti di guerra e conseguenti reazioni.
Ciò che a mio avviso appare assai meno ovvio è l’accanimento di coloro che sostengono non soltanto che con Hamas & C non si deve assolutamente trattare, a nessun costo e per nessun motivo, e inoltre che gli stessi egiziani sono infidi e doppiogiochisti. Possibile siano vere entrambe le cose. Qualcuno tuttavia dovrebbe gridarlo in faccia a Netanyahu e ai suoi mediatori e non limitarsi a sbraitarlo sui social. Suvvia, un minimo di coerenza.
Stefano Jesurum, giornalista
P.S:
Lo ammetto: quella contro l’odio seminato a destra e a manca dai leoni da tastiera di ogni parte (intra-ebraica e no) è diventata per me una ossessione. E lo diviene sempre di più ogni qualvolta un pensiero ragionevole e non fazioso tipo questo appena esposto dà spunto a un vomito di commenti e reazioni tanto ripetitivi quanto aggressivi. Forse è un pozzo senza fondo. Però a me questo hate-mondo fa davvero paura. Non per me, ma perché la storia è lì a ricordarci che si inizia sempre allo stesso modo, e si finisce sempre nel dolore individuale e collettivo.
(16 agosto 2018)