Centuplicare l’ingegno
Una delle forme più feroci di tortura perpetrate in alcuni campi del Reich nei riguardi dei musicisti fu quella di compromettergli definitivamente gli arti indispensabili alla carriera professionale; per esempio, le mani (irrinunciabili, vitali per uno strumentista).
Štěpán Lucký, pianista e compositore ebreo ceco, pupillo di Alois Hába, fu arrestato e trasferito a Buchenwald, qui le guardie gli storpiarono la mano destra (sopravvissuto, si dedicherà alla composizione); al compositore e pianista ebreo olandese Samuel Schuijer le SS amputarono le mani (Schuijer morì l’11 giugno 1943 a Sobibór).
Nel 1944 presso lo Stalag XA Sandbostel l’internato militare italiano Spartaco Lemmetti realizzò uno strano disegno; un musicista suona un violino come se stesse suonando un violoncello (nella foto).
Trattasi del grande violoncellista, compositore e didatta italiano Giuseppe Selmi – scrisse il meraviglioso Concerto Spirituale per violoncello e orchestra e altri pezzi per violoncello presso gli Stalag di Tarnopol, Sandbostel e Wietzendorf; essendo indisponibile il violoncello – solitamente prestato dai prigionieri di guerra francesi presso l’attiguo Stalag XB – Selmi eseguì un intero concerto imbracciando un violino a mo’ di violoncello.
Venne giù il teatro, anzi il Block.
Nell’aprile 1943, durante i trasferimenti degli ebrei di Praga a Theresienstadt, il violinista ebreo ceco Pavel Kling portò con sé soltanto il proprio strumento e non gli spartiti, avendo memorizzato l’intero repertorio; durante la cattività, l’organista tedesco prigioniero di guerra Clemens Ingenhoven memorizzò alla perfezione l’intero primo volume del Clavicembalo ben Temperato di J.S. Bach.
Basti pensare alla memoria prodigiosa del cantante polacco Alexander Kulisiewicz al quale i medici tedeschi di Sachsenhausen bruciarono le corde vocali svolgendo su di lui ben tre esperimenti contro il vaiolo; Kulisiewicz memorizzò 716 canti creati da ebrei, cristiani e soldati sovietici cantandoseli ininterrottamente nella mente sino alla fine della guerra e alla successiva convalescenza.
Il compositore e musicologo ebreo austriaco Hans Gál, riparato a Edinburgo a seguito dell’Anschluss ma internato presso il Campo di Huyton [Liverpool] nel maggio 1940 in quanto straniero con passaporto austriaco, compose la Huyton Suite op.92 per flauto e 2 violini poiché erano gli unici strumenti disponibili in Campo; nella stesura del Quatuor pour la fin du temps presso lo Stalag VIIIA Görlitz, il compositore francese Olivier Messiaen evitò di scrivere in partitura alcune note del violoncello e del pianoforte dato che su tali strumenti mancavano le relative chiavette e corde.
In un contesto logisticamente anomalo e di assoluto disagio umanitario come quello del Campo, l’ingegno si centuplica e l’adattamento non diventa ripiego ma virtù; in tali casi, l’offerta organologica (quali e quanti strumenti musicali disponibili) influenza la performance e la creatività musicale mentre il formidabile cervello del musicista in cattività fa sempre la differenza.
La crudeltà uccide l’uomo; resistere tramite la bellezza dell’arte è nel genoma umano.
Francesco Lotoro
(22 agosto 2018)