Difesa dei morti e dei vivi
Un bellissimo articolo di Gadi Luzzatto Voghera del 24 agosto scorso riferisce che il prossimo 5 settembre al parco di San Rossore a Pisa si svolgerà una cerimonia che vedrà ottanta rettori delle università italiane avanzare “scuse solenni” per l’espulsione dei docenti e degli studenti ebrei dall’accademia nel settembre 1938, col risultato che 96 professori universitari ordinari e straordinari, 133 aiuti e assistenti e decine di incaricati e lettori universitari persero il lavoro, venendo revocate oltre 200 libere docenze. Se scuse ci devono essere – asserisce l’autore – queste debbano rivolgersi innanzitutto al sistema universitario italiano, che subì il danno più duraturo ed evidente.
Sennonché, farsi del male pur di danneggiare il prossimo, è un’operazione che non riguarda il solo razzismo, ed è un vizio che è peggiorato col tempo. Durante il fascismo, raccontava Leonardo Sciascia (La scomparsa di Majorana. 1975, p. 30 ss.) in un concorso a cattedra, “la terna dei vincitori era stata già tranquillamente decisa, come d’uso, prima della espletazione del concorso; e in quest’ordine: Gian Carlo Wick primo, Giulio Racah secondo, Giovanni Gentile junior terzo. «La commissione, di cui faceva parte anche Fermi, si riunì a esaminare i titoli dei candidati. A questo punto un avvenimento imprevisto rese vane le previsioni: Majorana decise improvvisamente di concorrere, senza consultarsi con nessuno. Le conseguenze della sua decisione erano evidenti: egli sarebbe riuscito primo e Giovannino Gentile non sarebbe entrato in terna». Di fronte a questo pericolo, il filosofo Giovanni Gentile svegliò in sé le energie e gli accorgimenti del buon padre di famiglia dell’agro di Castelvetrano: dal ministro dell’Educazione Nazionale fece ordinare la sospensione del concorso: e fu ripreso dopo la graziosa eliminazione da concorrente di Ettore Majorana, nominato alla cattedra di Fisica Teorica dell’Università di Napoli per «chiara fama», in base a una vecchia legge del ministro Casati rinvigorita dal fascismo nel 1935. Tutto tornò dunque nell’ordine”.
Sta di fatto che Ettore Majorana fu messo in cattedra mentre, nel dopoguerra, non è certo che si sarebbero comportati allo stesso modo. Ad esempio, nel 1997, Carlo Rubbia fu anch’egli nominato per chiara fama, ma dopo essere stato bocciato in un ateneo meridionale molti anni prima, avendo nel frattempo vinto il Premio Nobel. Beninteso, Luzzatto Voghera ha ragione, ma purtroppo il danno perpetrato alle istituzioni costituisce una variabile impazzita. Forse sarebbe più proficuo che i Rettori gettassero uno sguardo attento non tanto al passato, ma all’attualità, sulla quale sono stati, diciamo, sensibilizzati, con alterne fortune. Ecco, qui sorge la dialettica fra la difesa (agevole) degli ebrei uccisi e quella, più impegnativa, dei superstiti.
Emanuele Calò
(28 agosto 2018)