…Ungheria
Sono davvero ore decisive per il destino dell’UE. È oggi la giornata tanto attesa in cui si vota per sanzionare o meno l’Ungheria di Viktor Orban per una serie di leggi che ledono libertà di stampa, di opinione, dei diritti delle minoranze e del diritto d’asilo. A cui si aggiungono la deformazione dell’assetto istituzionale, con una Corte Costituzionale di fatto assoggettata all’esecutivo e la cosiddetta legge anti-Soros, che in sostanza costringe le ONG sgradite a lasciare il Paese. Insomma, oggi si vota se accettare o meno l’esistenza, presente e futura, di governi autoritari, nazionalisti e xenofobi in Europa. Sembrerebbero non esserci dubbi sul cosa fare, ma il ginepraio europeo in cui ci siamo noi stesso infilati fa pensare che ogni opzione possa risultare un boomerang per la tenuta complessiva dell’Unione. Sanzionare Orban significa spingerlo verso le braccia degli altri nazionalisti, collocati fuori dal PPE, ingrossando il fronte anti sistema che vuole impossessarsi del Parlamento europeo e ridisegnare il continente in chiave nazionalista. Del resto, non sanzionarlo costituirebbe una resa assoluta rispetto ad ogni valore europeo e rischierebbe di far prendere coraggio a quello stesso fronte. Ancora una volta potenziandolo. Si sperava in un atteggiamento conciliante del Premier ungherese, invece i toni di ieri sono stati da sfida a tutto campo. Morale della favola? I problemi vanno affrontati subito, senza aspettare che si ingrossino. Dieci anni fa, il tutto avrebbe avuto un sapore assai diverso. Se si pensa cosa l’Europa abbia fatto alla Grecia e cosa abbia concesso all’Ungheria si capiscono la miopia vissuta nell’ultimo decennio.
Davide Assael, ricercatore
(12 settembre 2018)