Le Leggi del ’38 e i diritti negati
Nell’ottantesimo anniversario dalla promulgazione delle Leggi antiebraiche un plenum straordinario del Consiglio superiore della Magistratura ha ricordato a Roma il profondo significato di questo appuntamento, con una pluralità di contributi che hanno messo al centro la sfida del diritto, la necessità di fare i conti con le ombre del passato, con le gravi corresponsabilità che vi furono nell’attuazione di questa pagina oscura di storia nazionale, ma anche l’importanza di saper leggere e comprendere nella loro portata di più lungo termine i segnali inquietanti e le parole di odio del presente.
Un confronto di altissimo profilo, organizzato con la collaborazione del Consiglio Nazionale Forense e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in occasione della pubblicazione del volume Razza e inGiustizia (Antonella Meniconi e Marcello Pezzetti i curatori dell’opera) che sarà presentato domani al Senato e che ha avuto come ospite d’onore Esther Hayut, Presidente della Corte Suprema di Israele.
Alla presenza tra gli altri della Presidente UCEI Noemi Di Segni, il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini ha definito tale pubblicazione “un punto avanzato di ricerca storica” per riflettere su Memoria, legalità, etica, rispetto dei diritti. Ricordando il proficuo percorso di iniziative realizzate in collaborazione con l’Unione e il solido rapporto con i colleghi israeliani, cementato anche nel corso di una recente missione, Legnini ha parlato dell’incontro odierno come di una opportunità per riaffermare “i valori fondamentali di libertà, uguaglianza e giustizia”.
Dal canto suo la Presidente Hayut, che ha attinto in alcune considerazioni dagli scritti di Primo Levi, ha ricordato come la lezione più significativa che deriva da quell’epoca sia il richiamo all’impegno costante per la difesa dei diritti umani. “Tutto ciò è alla base di un moderno Stato democratico. Un impegno – ha osservato Hayut – che l’Italia è stata in grado di sancire anche attraverso la sua Costituzione repubblicana”. Un riferimento essenziale, ma non l’unico. È un intero sistema, ha aggiunto, che deve far quadrato attorno a questi valori. Parole di elogio sono state poi spese per le relazioni italo-israeliane sul piano del confronto di idee in ambito giuridico. E ammirazione è stata infine espressa per una figura “ponte” tra i due paesi, toccata in prima persona dalle Leggi del ’38: l’insigne giurista Guido Tedeschi, cacciato dall’Università di Siena, riparato nel ’39 nell’allora Palestina mandataria e tra i padri del diritto civile israeliano.
Importanti i contributi che sono seguiti nel corso del plenum, cui hanno assistito tra gli altri il segretario generale UCEI Gloria Arbib, la viceambasciatrice israeliana Ofra Farhi, il presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma Mario Venezia.
Ad intervenire con una riflessione Giovanni Mammone, Primo Presidente della Corte di Cassazione; Riccardo Fuzio, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte; i componenti del CSM Ercole Aprile e Rosario Spina; Piergiorgio Morosini, Direttore dell’Ufficio Studi e Comunicazione; Francesco Cananzi, Presidente dell’Ottava Commissione.
“La persecuzione dei diritti è la premessa per la persecuzione delle vite. Le Leggi, bene ribadirlo, furono promulgate in presenza di un ordinamento giuridico che aveva già smarrito da tempo gli anticorpi necessari” ha osservato Morosini, ricordando la “fascistizzazione” della magistratura e la sua acquiescenza, tranne rare eccezioni, ai diktat del regime.
Al termine della seduta plenaria la parola è andata a Pezzetti, che ha ricordato il dolore, le sofferenze, la diversa coscienza di sé che si diffusero tra gli ebrei italiani a partire dall’entrata in vigore delle Leggi. Particolare enfasi è stata data alla vicenda di Mario Finzi, giovane magistrato e raffinato musicista che trovò la morte a Birkenau.
Sono poi intervenuti giuristi, storici e studiosi che firmano alcuni contributi pubblicati nel volume (cui ha tra gli altri collaborato, per l’UCEI, Raffaella Di Castro).
Michele Sarfatti, studioso della persecuzione antiebraica, ha esordito con la lettura di alcuni stralci di un dialogo tra i giuristi Ludovico Mortara e Mario Falco, già consapevoli nel ’31 di una progressiva chiusura delle alte cariche dello Stato ai cittadini ebrei italiani. “L’antisemitismo del fascismo non inizia nel ’38. Segue percorsi tortuosi, ma è di molto precedente” ha sottolineato Sarfatti.
Focalizzato sulla complessa vicenda delle restituzione di beni e posti di lavoro agli ebrei perseguitati (definita dallo stesso “una seconda persecuzione”) l’intervento di Guido Alpa, avvocato e professore ordinario di diritto civile. Un tema, ha osservato, che è ben lontano dal dirsi esaurito.
Mentre Giovanni Canzio, Primo Presidente emerito della Corte di Cassazione, ha lodato l’impegno collettivamente assunto con queste iniziative per mettere a fuoco “la persecuzioni dei diritti, su cui si è innestata la persecuzione delle vite”. È questo un modo, ha affermato, “per fare davvero Memoria attiva”.
Un approfondimento sull’applicazione delle Leggi a Torino è stato invece proposto dall’avvocata Paola De Benedetti. Una realtà relativamente piccola, ma assai significativa da analizzare. Anche in ragione, ha spiegato la relatrice, della rilevante percentuali di cittadini ebrei nell’avvocatura torinese.
Ad intervenire, in questo spazio, anche il Presidente emerito della Corte Gaetano Silvestri, il Professore ordinario di storia del diritto Giuseppe Speciale, il Consigliere del Consiglio Nazionale Forense Francesco Marullo di Condojanni, i magistrati Pasquale Serrao d’Aquino e Olimpia Monaco.
(14 settembre 2018)