Le scuse dell’Accademia

rassegnaNel pomeriggio gli occhi di molti puntati su Pisa, dove è in programma la “cerimonia del ricordo e delle scuse” nel corso della quale l’intera accademia italiana ricorderà la cacciata di docenti e studenti ebrei dalle aule con l’entrata in vigore delle Leggi razziste.
“I nostri colleghi di allora obbedirono per fede politica, convinzione, quieto vivere, convenienza, viltà. Fu il culmine di un percorso che aveva visto la loro adesione plebiscitaria al Giuramento di fedeltà al fascismo del 1931” osserva il rettore dell’Università pisana Paolo Mancarella in una intervista con La Nazione. “Anche il Manifesto degli scienziati razzisti del ’38, dettato da Mussolini – aggiunge il rettore – fu firmato da alcuni docenti universitari. Per quelli espulsi non ci fu nessuna indignazione da parte dei colleghi. Come pure, dopo la Liberazione, docenti insigni furono reinsediati nelle cattedre da cui erano stati espulsi, ma solo affiancando e subordinandosi ai loro ‘successori’. Il nostro mondo ha quindi molte gravi colpe e conferma che le tragedie collettive si nutrono anche delle miserie e degli egoismi dei singoli”. Scrive Paolo Ermini, direttore del Corriere Fiorentino, in un editoriale: “La cerimonia sarà intensa. Ma ottant’anni sono tanti, troppi. E chi prenderà la parola a Pisa dovrà evitare toni ritualistici per fare rivivere con emozione quella tragedia e per parlare e farsi capire dai più giovani, sollecitando i loro scampoli di Memoria in un Paese che sembra conservarne pochissima.
In occasione della cerimonia Piergiorgio Odifreddi celebra, sul Fatto Quotidiano, la figura del matematico ebreo Vito Volterra. “Nel 1931 – scrive – il regime impose ai professori universitari un giuramento di fedeltà: Volterra fu uno dei 12 su 1250 (un centinaio dei quali ebrei) che rifiutarono di farlo, e perse la cattedra. La storia si ripeté nel 1934 per le accademie: Volterra fu uno dei 10 che non giurarono, e decadde da tutte le accademie di cui era membro, compresi i Lincei”.

Su 7 del Corriere protagonista dell’intervista del mese è Helena Janeczek, vincitrice dell’ultimo Premio Strega con il libro La ragazza con la Leica. Alla domanda “Cosa ti hanno passato i tuoi genitori?” la scrittrice risponde: “Avrebbero voluto proteggermi, non farmi arrivare nulla di ciò che hanno vissuto loro, scampati alla Shoah. Ma con un amore immenso, a volte schiacciante, mi hanno trasmesso il senso imminente del pericolo”.

Su Repubblica un intervento di Luca Bottura sull’insofferenza che alcuni intellettuali di destra, in primis Marcello Veneziani, proverebbero per il recente successo di libri centrati sul tema della Memoria. Scrive Bottura: “Ai tempi in cui sostava, debitamente lottizzato, al settimo piano di viale Mazzini, Veneziani si sarebbe vergognato di scrivere una cosa del genere. L’opportunità e un contesto sociale più vigile lo sconsigliavano. Se oggi se la sente, se vuole davvero comunicarci che ‘che due palle `sta Shoah’ è un concetto accettabile, è solo colpa nostra che gliel’abbiamo permesso”.

Due mostre a Milano celebrano la figura di Margherita Sarfatti, cui Pagine Ebraiche di settembre dedica un ampio ritratto nella Cultura. Scrive il Giornale: “Limitativo, con un evidente vizio di forma, ridurre la sua complessa personalità alla liaison con Mussolini, di cui pubblicò la biografia Dux nel 1926. Rapporto che, peraltro, non bastò a salvarla dalle persecuzioni razziali, costringendola a emigrare in Argentina”.

“Fascisti? In Europa c’è un normale sovranismo”. È quanto sostiene Alessandra Mussolini in una intervista con Il Tempo. Aggiunge l’europarlamentare: “Salvini si sta comportando in modo attuale con i problemi che ci sono. Mio nonno fa parte della storia, lasciamo stare i paragoni”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(20 settembre 2018)