“Stati Uniti, paese spaccato”
Da Israele al mondo ebraico, le elezioni americane sono seguite con attenzione su media e diversi spazi di opinione.
Una campagna, scrive il Times of Israel, “che si è svolta sullo sfondo di una retorica orribile e di dibattiti rabbiosi sull’immigrazione, l’assistenza sanitaria e il ruolo del Congresso nella supervisione del lavoro del presidente”. Secondo Eytan Gilboa, che ne ha scritto su Yedioth Ahronot a urne ancora aperte, un’affermazione anche solo parziale dei democratici potrebbe bloccare ulteriori iniziative di Trump contro l’Iran. “Trump è il presidente americano più filo-israeliano dai tempi di Ronald Reagan. Il Partito Democratico, nel frattempo, si sta muovendo verso la sinistra radicale” sostiene Gilboa. Per Haaretz, che guarda speranzoso ai risultati del voto, il più grande sconfitto di queste elezioni sarebbe il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
La Jewish Telegraphic Agency fa il punto sui diversi candidati espressione del mondo ebraico che hanno ottenuto legittimazione, tutti nelle fila del Partito Democratico. Significativa inoltre, viene sottolineato, l’elezione a nuovo governatore del Colorado di Jared Polis. Primo ebreo (e primo omosessuale dichiarato) a ricoprire questo incarico. Da tener d’occhio per motivi diversi, si legge ancora, l’elezione al Congresso della candidata di origine palestinese Rashida Tlaib. Favorevole alla soluzione a uno Stato, si è spesso opposta al sostegno statunitense a Israele.
“Trump ci ha divisi. E le elezioni non ci offrono una facile soluzione” titola il The Forward, tra le più antiche testate ebraiche americane, tradizionalmente orientato a sinistra. “L’ondata democratica che non è stata un’ondata – si legge in un editoriale – ha ristabilito un certo equilibrio nel sistema politico pericolosamente sbilenco dell’America. E ha ripudiato (anche se solo in parte) la campagna razzista e menzognera del Presidente Trump”.
(Nell’immagine la proclamazione di Polis)
(7 novembre 2018)