Leggi e legislatori
L’ingresso della Costituzione tra gli argomenti del colloquio orale pare essere l’unica tra le novità introdotte quest’anno per l’esame di stato ad aver riscosso un consenso unanime (almeno nella mia scuola). Credo sia chiaro a tutti che in quel contesto, dati i tempi stretti, non potrà essere chiesta una riflessione critica ma solo una semplice recitazione o parafrasi, eppure questo non sembra dare fastidio, e a mio parere è giusto che sia così: anche la semplice ripetizione del testo è (o dovrebbe essere) un elemento forte della nostra identità italiana; avere una costituzione così bella diventa un motivo di orgoglio; o, viceversa, ci fa vergognare doppiamente per le nostre magagne perché ci toglie ogni possibile scusa (come dice Dante nel sesto canto del Purgatorio lamentando i mali dell’Italia nonostante il corpus di Giustiniano), ma è una vergogna utile e benefica.
Il suono stesso delle parole ci avvolge e ci protegge.
il fascino del testo è naturalmente moltiplicato quando si ha occasione di ascoltarlo dalla voce di un attore, come è stato mercoledì sera a Torino durante la lezione recitata da Marco Gobetti (testi di Leonardo Casalino) dal titolo “Umberto Terracini. La politica come partecipazione collettiva e difesa dell’autonomia individuale.” Sentendo sprigionare la forza di ogni singola parola dell’articolo 3 sono arrivata a domandarmi se non sarebbe utile se i ragazzi imparassero la Costituzione cantandola o cantillandola come si fa con la Torah. Certamente è un paragone azzardato, come d’altra parte è offensivo per la Costituzione il paragone con le leggi dell’antica Roma raccolte da Giustiniano (che non era il realtà la brava persona che Dante crede). C’è comunque un elemento in comune: l’enunciazione della legge diventa più efficace se accompagnata dalla storia del legislatore. Dante nel sesto canto del Purgatorio cita Giustiniano e nel sesto del Paradiso lo incontra direttamente e lo sente raccontare la propria vita. Va detto, però, che altri legislatori hanno una storia ben più affascinante e coinvolgente: il rischio della vita per il solo fatto di essere nato ebreo; la scoperta dei lavoratori sfruttati che fa nascere il desiderio di ribellarsi e lottare contro l’ingiustizia; la persecuzione da parte del potere; la delusione di non essere compresi e accettati dai propri stessi compagni, la sofferenza di non vederli uniti proprio quando la persecuzione diviene più dura; la fuga e l’esilio; la scelta di tornare indietro per contribuire alla liberazione del proprio popolo; e, dopo la liberazione, finalmente potersi dedicare al compito di dare al popolo una legge, essere colui che la raccoglie, la trascrive e se ne fa garante. In effetti a ben guardare non sono pochi i punti di contatto tra la storia di Mosè e quella di Umberto Terracini, Presidente dell’Assemblea Costituente e firmatario della nostra Costituzione. Forse è anche per quello che la lezione recitata su Terracini è davvero appassionante. Dante incontra Giustiniano di persona? Onestamente, per quanto riguarda i legami con i miei legislatori, non mi sento poi molto da meno: se, com’è scritto nell’Haggadà di Pesach, “in ogni generazione ciascuno deve considerarsi come se egli stesso fosse uscito dall’Egitto”, vuol dire che tutti ci sentiamo un po’ conoscenti diretti di Mosè. Quanto a Umberto Terracini, era un ebreo della mia Comunità, ha partecipato a eventi e dibattiti, ha anche scritto sul giornale ebraico torinese Ha Keillah; molto efficacemente Giulio Disegni introducendo lo spettacolo ha ricordato un intervento di Terracini “in questa stessa sala”. Benissimo, dunque, mentre impariamo e recitiamo la legge, ricordare anche chi ce l’ha data e raccontare la sua storia.
Anna Segre
(14 luglio 2018)