L’intervista – “La mia battaglia
per una scuola di tutti”
Un sano gusto per la polemica, la profonda convinzione che la scuola pubblica debba essere laica, un più sfumato anticlericalismo, una buona dose di anticonformismo e una meticolosità fuori dall’ordinario. Sono alcuni degli ingredienti che hanno portato Andrea Atzeni, docente di Storia e Filosofia di Milano, a scrivere un’approfondita inchiesta – pubblicata da Pagine Ebraiche in tre puntate – sull’ora di religione nella scuola italiana e su come i libri di testo adottati per insegnarla trattino l’ebraismo. “Avevo visto un ragazzo a scuola con un libro di testo di religione e mi era venuta la curiosità di vedere se effettivamente veicolasse semplicemente contenuti culturali, storici, come più volte mi era stato detto”, racconta in un caffè a poca distanza dalla sua nuova scuola, il liceo scientifico statale “Leonardo da Vinci”, nel pieno centro di Milano. L’anno precedente, spiega con una riconoscibile inflessione sarda, era stato in periferia ma “ho chiesto il trasferimento. Era una classe per così dire troppo vivace e complicata da gestire. Le storie delle difficoltà delle scuole di periferia non sono semplici miti, purtroppo. Io insegnavo nella sezione ad indirizzo sportivo di questo liceo: l’impressione era che bastasse già questo aggettivo, sportivo, per portare gli studenti ad autoselezionarsi in base allo scarso interesse per lo studio”. Entrato nel mondo della scuola nel 2008, dopo una laurea in Filosofia a Cagliari e a sette anni di distanza dall’aver partecipato al concorso pubblico per insegnanti, Atzeni descrive in modo molto analitico la situazione che si è trovato davanti. Tra le perplessità, il rapporto ancora così stringente tra l’istituzione pubblica e la Chiesa cattolica. “Ad esempio nel mio liceo si è tenuto nell’ultimo giorno di lezioni a dicembre, una messa in memoria di alcuni ragazzi morti alcuni anni fa durante il loro percorso scolastico. Prima, è passata una circolare per avvisare che al termine delle lezioni, nei locali della scuola, si sarebbe tenuta la messa. Ovviamente credo si abbia pieno diritto di commemorare come si desidera questi lutti ma mi lascia perplesso che lo si faccia all’interno dell’istituto, che è pubblico e laico. Anche se tutti gli studenti fossero cattolici, non penso che la scuola pubblica sia il luogo dove esprimersi in termini confessionali”. A lungo docente in un Liceo di Varese, prima di spostarsi su Milano, Atzeni sottolinea il suo stupore nel vedere come il tema “scuola e religione cattolica” non sia cambiato molto rispetto agli anni in cui era lui lo studente.
Professore, da dove nasce questo suo interesse per l’insegnamento dell’ora di religione nelle scuola italiana?
Ero al liceo negli anni in cui è cambiata la normativa, 85-86, quando religione era diventata una materia facoltativa e quindi in teoria le scuole avrebbero dovuto attivare anche l’ora alternativa per gli studenti. Nella mia classe ero stato l’unico a scegliere di non giovarmi dell’ora di religione cattolica e in realtà la scuola mi teneva in classe con i compagni e alla fine avevo anche la valutazione del docente di religione, un sacerdote. Era anche simpatico ma mi lasciava perplesso il fatto che durante la sua ora in sostanza si facesse chiacchiera su tematiche generali, ovviamente riportate con una visione clericale. Non c’era ad esempio nessun approfondimento sulla Bibbia, che sarebbe anche stato legittimo. E poi contestavo, più per una questione di principio, il fatto che la scuola mi tenesse in classe.
Quando è tornato in classe da professore ha visto un cambiamento?
Quando finalmente, dopo dieci anni dal concorso, mi hanno chiamato in Lombardia e ho messo piede di nuovo a scuola ho visto che dal punto di vista della religione non è cambiato moltissimo perché la normativa in vigore è sempre la stessa. Si è preso maggiormente atto che gli studenti devono avere diritto ad operare una scelta ma mi sono accorto, per esperienza diretta, che in molte scuole non viene realizzata nessuna attività alternativa. In alcuni casi vengono dati agli studenti moduli non corrispondenti a quelli ministeriali e in cui non c’è un’opzione di scelta dell’ora alternativa. Spesso gli studenti preferiscono in ogni caso uscire in quell’ora.
L’opzione che immagino vada per la maggiore.
In realtà mi sono accorto, seppur non si possa troppo generalizzare, di una differenza tra provincia e Milano città. Ho insegnato a lungo a Varese e lì praticamente tutti gli studenti sceglievano l’ora di religione mentre qui a Milano moltissimi scelgono di uscire.
E a Varese i ragazzi le sembravano più preparati sui temi religiosi?
Onestamente no. Avevo fatto una piccola inchiesta con degli studenti di terza liceo, dovendo affrontare con loro in filosofia delle figure legate al cristianesimo. E mi ero accorto che sapevano poco o nulla dei dogmi della Chiesa. Si insiste molto sul fatto che l’ora di religione cattolica gioverebbe a tutti, cattolici e non, per capire le radici culturali dell’Italia. In teoria il discorso fila ma se ci si confronta con quello che sanno gli studenti si rimane perplessi. E se questi sono gli esiti, per di più di una materia scelta dai ragazzi, è difficile non definirli fallimentari. E anche l’approccio dei volumi di testo che ho analizzato per Pagine Ebraiche lascia perplessi.
Come è arrivato a quei testi?
In qualche scuola avevo visto uno studente con uno di questi libri. Avevo dato uno sguardo all’indice e mi ero chiesto ‘Ma perché non esaminarli sistematicamente’?. Ne ho scelti cinque, andando a vedere quelli più diffusi nei siti dei licei a Milano, Torino e Roma. Nel leggerli dall’inizio alla fine mi ha colpito particolarmente la trattazione della storia dell’ebraismo.
Era un mondo che già conosceva?
Quello ebraico? L’interesse mi è venuto negli anni dell’università. Nella facoltà di filosofia era molto diffusa un’ideologia di estrema sinistra che spesso cozzava con Israele e in quegli anni, fortunatamente, mi ero imbattuto anche con opinioni alternative. In particolare seguivo spesso Radio Radicale, che presentava Israele in un modo diverso. Poi all’epoca mi ricordo un libro che mi aveva colpito: era L’odio antico. L’antisemitismo cristiano e le sue radici (Mondadori) di Cesare Mannucci. Lo presi in biblioteca e poi lo comprai. Lo lessi tre volte. Dava una mappa abbastanza impressionante delle radici dell’antisemitismo cristiano. E rimasi anche colpito di come questa parte della storia europea passi sostanzialmente sottotraccia nei nostri programmi scolastici. Cosa che mi pare avvenga ancora oggi.
Nella sua inchiesta sottolinea come l’ebraismo venga raccontato in modo riduttivo o attraverso diversi pregiudizi. Se lo aspettava?
In realtà mi sono stupito molto nel trovare tutti quei luoghi comuni e stereotipi sull’ebraismo e su Israele. E poi ci ho messo relativamente poco a scrivere le mie riflessioni, che poi avete pubblicato. Non mi ero accorto di aver scritto così tanto.
E ha in programma di fare un altro lavoro simile?
Mi hanno hanno fatto notare che nei libri di testo c’è un ritorno a presentare in maniera abbastanza apologetica il marxismo. E mi piacerebbe approfondire l’argomento. Anche alla luce di come la filosofia viene presentata ai nostri studenti: è più un approccio nozionistico; lo studente non è invitato a chiedersi se l’argomentazione del filosofo funzioni, a chiedersi quali problemi ponga, a ragionare.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche gennaio 2019
(3 gennaio 2019)