Andra e Tati, il coraggio in un libro
Tra le ultime sopravvissute italiane alla Shoah in vita, le sorelle Andra e Tatiana Bucci incontrano da anni le scuole, le accompagnano nei Viaggi della Memoria ad Auschwitz, si concedono senza risparmio di energie in tutte quelle iniziative cui sentono di dover partecipare perché nessun altro, al loro posto, può farlo. In quanto testimoni dell’orrore, ma anche come ambasciatrici di speranza.
“Noi, bambine ad Auschwitz” è la loro autobiografia, appena scritta per Mondadori con il supporto di Umberto Gentiloni e Marcello Pezzetti. Memorie e racconti di quei giorni terribili che si fissano su carta anche grazie all’impegno della Fondazione Museo della Shoah di Roma, che sostiene l’iniziativa assieme alla Regione Lazio. Il libro avrà ampia diffusione tra i giovani, è stato annunciato. Ed è per questo che la prima presentazione si è svolta davanti a molte scolaresche romane accorse stamane al Cinema Farnese per ascoltare dalla voce di Andra e Tati i loro pensieri e messaggi. Un momento di confronto segnato dalla consueta intensità.
“Ne abbiamo parlato tanti anni fa e oggi è il libro è fatto, l’emozione è tanta” ha detto dal palco Tatiana. “Non riesci mai a capire perché tu sei tornata e altri no. Forse è successo – ha affermato Andra – anche perché dovevamo essere qui con voi”.
“La Fondazione ha creduto fortemente nel progetto, perché vede in questo libro la possibilità di consolidare un impegno di Memoria più che mai necessario” ha sottolineato il presidente Mario Venezia, nel corso della presentazione. “Non dobbiamo delegare a nessuno la difesa dei principi fondamentali. Al primo posto – ha proseguito, rivolgendosi alla platea di studenti – la tutela e l’inviolabilità della dignità umana”. In questo senso, il libro delle sorelle Bucci “rappresenta un elemento in più, un aiuto determinante per chi opera in questo campo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, che ha ricordato la necessità di rapportarsi con queste vicende non soltanto su un piano di approfondimento storico. “È necessario – le sue parole – chiedersi perché e come ciò che oggi evochiamo sia potuto accadere. La Shoah è figlia di esseri umani, non va dimenticato. E quindi dobbiamo riflettere su tre punti principalmente: la cultura di odio che permise la Shoah e gli altri crimini compiuti allora; l’assenza di una colpa, perché le persone perseguitate nulla avevano fatto; il fatto che quando si colpisce un gruppo di persone la ferita è per tutta una comunità, non solo per i soggetti direttamente coinvolti”.
(16 gennaio 2019)