Il confronto agli Uffizi
“L’arte, un segno di Memoria”

Nel gennaio del 2016, l’esordio fu con una giornata di studi dedicata a Cesare Fasola e al suo ruolo di custode del patrimonio del museo e della Comunità ebraica fiorentina durante la guerra. Nel 2017, una iniziativa fu invece dedicata a Giorgio Castelfranco nelle vesti di “curatore, mecenate, difensore d’arte”. Nel 2018, l’omaggio (con svelamento di due targhe) a Carlo Levi. Oggi un confronto su “L’arte come memoria” e l’identità di “sommersi” o “salvati” di alcuni artisti che hanno incontrato la barbarie del Novecento. Da Italo Josz a Max Liebermann, da Llewellyn Lloyd a Mariette Lydis, da Adriana Pincherle a Heinrich Rauchinger.
Una mattinata di racconto, quella svoltasi stamane alle Gallerie degli Uffizi, che è stata rivolta principalmente alle scuole. Dopo i saluti istituzionali del padrone di casa, il Direttore Eike Schmidt, della Presidente UCEI Noemi Di Segni, del Consigliere dell’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea Valeria Galimi e del Presidente dell’Aned Alessio Ducci, tre relazioni hanno messo a fuoco il tema principale. A prendere la parola Claudio Di Benedetto, Coordinatore della Divisione Collezioni e servizi delle Gallerie, che illustrando in particolare le figure di José, Liebermann, Lydis e Rauchinger ha parlato di Memoria “come lettura del presente”. Sono quindi intervenute la professoressa Galimi e la studiosa Simonella Condemi.
Uno sguardo al passato, ma un tema che resta attuale. Come ha ricordato il direttore Schmidt, lanciando a inizio gennaio un appello affinché la Germania restituisca un quadro trafugato al Museo dai nazisti: “Vaso di Fiori” del pittore olandese Jan van Huysum. “A causa di questa vicenda che intacca il patrimonio delle Gallerie degli Uffizi, le ferite della seconda Guerra Mondiale e del terrore nazista non sono ancora rimarginate. La Germania dovrebbe abolire la prescrizione per le opere rubate durante il conflitto e fare in modo che esse possano tornare ai loro legittimi proprietari” aveva sottolineato allora Schmidt. Una vicenda che, ha aggiunto oggi, è anche un simbolo e in qualche modo uno spunto per ampliare il discorso. “Sono tante le opere d’arte sottratte ai musei ad oggi non restituite. Ancora di più però questa ferita riguarda le famiglie ebraiche, in Italia e non solo. È un tema – ha detto Schmidt – che non possiamo lasciare in sospeso”.
Nel suo intervento la Presidente UCEI ha ricordato come l’arte sia “una parte della nostra identità, o perché la creiamo o perché la cerchiamo”. Quindi rubare o trafugare arte è come “annullare la nostra identità”. Una pratica che in tempi recenti ha interessato il nazismo. Ma che ha solide radici storiche come nel caso, che è stato ricordato oggi, della spoliazione di beni operata dai Romani al tempo della distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme. Nell’imminenza di un nuovo Giorno della Memoria, Di Segni ha espresso alcune considerazioni sull’importanza e l’attualità del ricordo. “Tra pochi mesi – le sue parole – saranno 80 anni dall’inizio della seconda guerra mondiale, mentre è da poco passato l’85esimo anniversario dall’ascesa al potere di Hitler. Date e circostanze che devono imporci delle riflessioni, ma che devono anche stimolarci ad agire a presidio dei valori fondamentali. Un patrimonio che siamo tutti chiamati a difendere”. Apprezzamento è stato espresso per l’impegno personale del direttore Schmidt su queste tematiche, confermato dall’iniziativa odierna.
Ha osservato Di Benedetto a proposito dei sei artisti individuati come esempio: “La guerra, le persecuzioni, le intolleranze di governi e popoli li hanno accerchiati e coinvolti, o trascinati, nelle conseguenze del non-dominabile. I più fortunati sono sopravvissuti, perché espatriati o ben nascosti, o protetti dai loro stessi regimi; altri sono sopravvissuti, benché internati; altri non ce l’hanno fatta; altri ancora, infine, sono morti pur rimanendo vivi. La loro arte li rende immortali e ce ne tramanda memoria”. Bilancio positivo, anche per lui, di questi quattro anni di lavoro. ”Fare Memoria – afferma – è un compito da cui non possiamo sottrarci. Soprattutto in un momento come questo, in Italia e in Europa. C’è poco da star sereni. Ma questo nulla toglie al nostro entusiasmo, anzi lo rafforza”.

(22 gennaio 2019)