“Donna, ebrea, antifascista:
un contributo fondamentale”
La scomparsa di Tullia Zevi, avvenuta il 22 gennaio del 2011, aveva suscitato molte reazioni dentro e fuori l’ebraismo italiano. Sottolineava in una nota l’allora Presidente UCEI Renzo Gattegna: “Tutti ricordiamo la profondità e la dignità di tanti interventi che furono da lei compiuti in difesa dei diritti degli ebrei e di tutte le minoranze e che le valsero il generale rispetto e la stima in particolare di coloro che poterono conoscerla personalmente”. Temi e argomentazioni ricorrenti nei messaggi che erano seguiti, a partire da quello del Capo dello Stato Giorgio Napolitano: “Il rapporto che ho potuto intrattenere con lei personalmente e poi sviluppare negli anni della sua presidenza della Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – affermava – mi ha permesso di apprezzare profondamente la limpida e ferma consapevolezza storica e posizione ideale, l’alto impegno civile e la squisita umanità e cultura”. Napolitano definiva inoltre la Zevi “donna di grande personalità antifascista e democratica”.
Rifletteva allora David Bidussa, storico sociale delle idee, su Pagine Ebraiche: “Chi se ne va lascia un vuoto, non sempre un’eredità. Non so se nell’immediato ci sia un futuro per l’ebraismo laico in Italia. Forse non dipende solo dai singoli individui, ma anche dai cicli storici in cui si vive. Indubbiamente chi resta ha il diritto di tentare. A tutti coloro che restano, invece, compete l’onere di trovare le parole migliori nel momento dell’addio. Condizione imprescindibile per trovarle è essere consapevoli dei propri limiti. Quando non accade si recitano addii dettati dall’orgoglio o dalla presunzione. Di solito sono i più rancorosi”.
“Con Tullia Zevi il Medio Oriente ha perso una grande giornalista. L’ebraismo una regina scomoda per chi non era d’accordo con lei, ma sempre regina. Ha lasciato un vuoto in ambo i campi, chi sarà capace di riempirlo?” si chiedeva invece un’altra colonna dell’ebraismo italiano, Vittorio Dan Segre.
Per lo storico Gadi Luzzatto Voghera questi i concetti chiave legati alla figura della Zevi: “Essere donna, antifascismo, ebraismo plurale, rinnovamento, tradizione, partecipazione. E, naturalmente e prima di tutto, rappresentanza”. L’ebraismo italiano, rifletteva, “è stato guidato e per l’appunto rappresentato per oltre tre lustri in un momento di passaggio cruciale nella recente storia italiana da una donna che ha saputo trasformare la stessa immagine pubblica degli ebrei in Italia”. In un paese che su diversi piani (culturale, religioso, politico e giuridico) cominciava a chiedere con sempre maggior insistenza alle comunità ebraiche di aprirsi e di riconnettere finalmente un filo che poteva apparire spezzato e lacerato in più punti dopo le Leggi razziste, “Tullia Zevi è sembrata a molti e per lungo tratto la figura ideale per ricucire quel filo”. In lei, sottolineava Luzzatto Voghera, si concentravano infatti caratteristiche rare e irripetibili. “Intanto per il suo essere donna e leader di una comunità religiosa, un binomio di assoluta novità in un paese come l’Italia dove la leadership femminile, per di più di una comunità religiosa, è merce rara quando non introvabile. Poi perché la sua storia personale e famigliare l’avevano portata a contatto diretto con l’intellighentia antifascista che attraverso il Partito d’Azione aveva costituito una delle anime fondative della nostra repubblica costituzionale, e aveva deciso nel 1946 di tornare in Italia per aiutare la comunità a rinascere e per testimoniare come giornalista e come persona”.
“Con Tullia Zevi – scriveva invece la storica Anna Foa – se ne va una degli ultimi della sua generazione, una generazione che ci appare di giganti. Tutti la compiangono, e molte di queste voci sembrano riconoscerne l’eccezionalità, rimpiangerne la perdita. C’è commozione. Di lei, in questo momento, vorrei solo dire che riconoscevo nel suo pensare e nel suo agire la passione della politica, una passione sincera e divorante, quale avevo visto in altri a me molti vicini, che era passione di una politica quanto mai lontana da ciò che oggi porta questa etichetta, una volontà di fare, di creare, di darsi al mondo. Non l’ho mai ritrovata in coloro che vengono dopo, nella mia generazione o in quelle che seguono”.
Mentre Sergio e Miriam Della Pergola così la ricordavano: “Tullia Zevi ha rappresentato per molti decenni una sintesi unica fra doti di alta cultura, capacità analitica, e leadership pubblica. È stata testimone e protagonista di alcune delle grandi pagine della storia ebraica del Ventesimo secolo, e lo ha fatto con grande intelligenza, passione e nobiltà”.
(Nei disegni di Giorgio Albertini, in alto: la firma dell’Intesa, il 27 febbraio del 1987, da parte della Presidente dell’allora Unione delle Comunità Israelitiche Italiane Tullia Zevi e del Presidente del Consiglio Bettino Craxi. Nella seconda immagine, Zevi con il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi)
(3 febbraio 2019)