…Zelig

A Monaco di Baviera c’è Café Zelig. Lo gestisce la Comunità ebraica con la collaborazione di personale medico specializzato. Café Zelig è un caffè molto particolare perché accoglie i sopravvissuti della Shoah che vi passano qualche ora in compagnia di persone che sono passate per lo stesso loro inferno. Se lo vogliono possono condividere. Se lo vogliono, la struttura offre supporto psicosociale, ed economico, visto che spesso i frequentatori vivono sotto la soglia della povertà. Perché il dopo ha spesso regalato loro, in aggiunta, solitudine e indigenza. Ma il bello del Café Zelig è che dà la possibilità di parola a persone che nella maggior parte dei casi non hanno nessuno con cui parlare.
Ci si lamenta spesso di come la Shoah è stata trattata, dopo, dagli altri. L’incredulità degli altri, l’indifferenza degli altri, la negazione degli altri.
Talvolta, si pensa, l’indifferenza è stata anche di qualcuno di noi, che non ha voluto sapere, che non ha voluto parlare, che ha preferito mettere sotto il tappeto per non vedere e non dover affrontare. E non abbiamo dato loro la possibilità di dire, di condividere, di chiedere, di farsi credere, di alleggerirsi di una infinitesimale parte del loro peso.
Lo facciamo ora usandoli come testimoni. Finché durano.
Una bellissima iniziativa quella del Café Zelig, che forse è troppo tardi per imitare. Siamo solo in tempo per chinare il capo.
Zelig, in yiddish, vuol dire ‘beato’.

Dario Calimani, Università di Venezia

(19 febbraio 2019)