Oscar, il trionfo di Nattiv
“Suo film un dono per tutti”
Al supermercato un uomo sorride a un bambino di dieci anni. Sono in attesa alla cassa, in file diverse. Il bambino risponde con un sorriso e ride quando l’uomo gli mostra un giocattolo. È un attimo di pura innocenza che finisce però per innescare una sanguinosa guerra fra gang. L’uomo è infatti afro-americano e il padre del bambino un suprematista bianco.
Questa, spiegava Daniela Gross in un suo recente JCiak, la storia al centro di Skin, il cortometraggio del regista israeliano Guy Nattiv che nelle scorse ore ha conquistato l’obiettivo più ambito: il Premio Oscar come “Best live action short fiction”.
Un nuovo riconoscimento per il cinema israeliano, già trionfatore con Nadav Lapid all’ultima Berlinale con “Synonyms”. Una vicenda, quella narrata da Skin, che prende spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto e che spiega come l’odio possa facilmente trasmettersi tra le generazioni instillando un ciclo di violenza senza fine.
Tutto nasce con un padre neonazista che insegna al figlio neanche adolescente a sparare contro chi è diverso da lui. “Poi una sera – ha raccontato il regista, presentando la sua opera – quel padre torna ubriaco e il figlio pensa che è un afroamericano che cerca di entrare in casa. Prende l’arma da fuoco del padre e lo uccide perché da lui ha imparato a essere razzista, aggressivo e violento. Il ragazzo ha appena 12 anni”.
Ieri, dal palco di Los Angeles, Nattiv ha trattenuto a stento l’emozione. “I miei nonni erano sopravvissuti alla Shoah. L’odio che loro sperimentarono vediamo che è un po’ ovunque oggi, negli Stati Uniti, in Europa. Questo film – ha affermato – è dedicato alla sfida di educare, di insegnare ai nostri ragazzi qualcosa di diverso”.
In questo senso significativa anche la vittoria di Spike Lee per la sceneggiatura di BlacKkKlansman, pellicola basata sulla storia vera di due poliziotti (uno nero e uno ebreo) che s’infiltrano nel Ku Klux Klan fino a stringere conoscenza con il gran capo David Duke.
Il trionfo di Nattiv è stato salutato con particolare emozione in Israele. Un film, il suo, che per il Presidente Reuven Rivlin “è un dono per i nostri figli e nipoti e per il futuro che ci auguriamo per loro”.
(25 febbraio 2019)