Una scossa al cinema europeo, il trionfo di Nadav Lapid
Dopo l’Orso d’oro, il premio maggiore della Berlinale, arriva dai Cahiers du cinéma la consacrazione definitiva del regista israeliano Nadav Lapid, cui Pagine Ebraiche dedica ampio spazio nel numero di marzo, attualmente in distribuzione.
La rivista di critica cinematografica più prestigiosa porta infatti il suo “Synonymes”, che ha vinto anche il prestigioso premio della International Federation of film Critics, in copertina – titolando “Nadav Lapid bouscule le cinéma français”, Nadav Lapid scuote il cinema francese.
Oltre all’editoriale del direttore i Cahiers dedicano ampio spazio interno sia al film che a regista e interprete principale: oltre all’apertura, intitolata semplicemente “Synonyme, cinema”, un pezzo intitolato “Salut à la France” precede le due grandi interviste: “La beauté des injustes”, con Nadav Lapid, e “Un mousquetaire bégayant”, Un moschettiere balbuziente, con Tom Mercier.
Il direttore della testata, Stéphane Delorme, nel suo editoriale descrive il premio a Lapid come “la gioia di una vittoria per il cinema”. Da quando non si vedevano simili fuochi d’artificio? si chiede Delorme esaltando le inquadrature, il montaggio brutale, e il rapporto tra la parola e l’immagine. “Avevamo bisogno di un regista straniero per scuoterci dal nostro torpore – continua – Yoav impara la lingua, combatte con il linguaggio, percorre le strade senza mai riposare. È un guerriero nelle strade della capitale. Ma non risparmia nessuno, né se stesso, e si lancia in una litania di insulti contro il suo paese”. Ma si tratta, spiega, di un film che demolisce qualsiasi diktat sulle identità, che non accetta confini, con un personaggio che attraversa situazioni, luoghi, esperienze, senza mai accontentarsi di risposte pre-formulate, si adatta, non ha paura di nulla. Un personaggio “insaziabile e disperato”, che non accetta di restare al suo posto o di mettersi il cuore in pace, la sua rabbia è frustrazione per l’impossibilità di trovare il proprio spazio, delusione per l’incapacità degli Stati di essere all’altezza, ma non si arrende, non si ferma. E il cappotto che gli mette addosso quella coppia borghese che lo ha salvato è panoplia esagerata su un corpo, su un essere umano troppo a nudo, un contrasto stridente con cui fare i conti per tutto il film.
Ada Treves twitter @ada3ves