Le parole di Macron
Merita davvero grande apprezzamento l’intervista rilasciata dal Presidente Emmanuel Macron a Fabio Fazio, andata in onda domenica sera alla trasmissione “Che tempo che fa”, per il modo fermo, lucido e sereno con cui sono stati affrontati alcuni tra i principali problemi che affliggono le società europee e, segnatamente, quella francese. I preoccupanti rigurgiti di odio, razzismo e antisemitismo che intossicano la Francia sono stati fatti oggetto di una denuncia netta e senza alibi, come segno di una malattia che va combattuta senza quartiere, e che richiede un impegno convergente, capillare e costante di tutte le forze sane del corpo sociale.
Tre cose, in particolare, emergenti dalle sue parole, mi sono sembrate degne di apprezzamento.
Innanzitutto, il Presidente è stato molto chiaro nello stigmatizzare la serpeggiante “collera popolare”, tanto evidente e virulenta, di questi tempi, per le strade e le piazze di Europa, come un fenomeno oscuro e regressivo, sintomo di un malessere profondo che va contrastato con energia. Le cause, ovviamente, possono essere molteplici, ed è anche difficile che, intorno ad esse, ci sia concordia di vedute. Quando c’è un’infezione in atto, non è facile stabilire quale ne sia stata l’origine, se sia stata generata dallo stesso organismo, o da un elemento esterno, e quale. E, come per ogni malattia, ovviamente, non basta la diagnosi per avere la cura. Ma è anche vero che non ci potrà mai essere una terapia efficace senza una diagnosi esatta. E, per la malattia della Francia di oggi, la diagnosi è di OIRA (Odio, Intolleranza, Razzismo, Antisemitismo), ed è con questa prescrizione medica che bisogna andare in farmacia, o in ambulatorio. Sperare di guarire prendendosela con i possibili, remoti fattori scatenanti (qualche tasso bancario, qualche prezzo lievitato ecc.) ha la stessa ragionevolezza di chi, per curare un cancro, vada alla caccia della prima cellula degenerata, per eliminarla, o rimetterla a posto.
Contro la forza dell’OIRA, il Presidente ha pronunciato parole che potrebbero apparire “buoniste”, quali cuore, amicizia, amore. Ma il suo non mi è sembrato un discorso ingenuo, non ha detto che l’odio si combatte col cuore, l’amicizia e l’amore, sappiamo bene che non funziona così. La strada è quella di eliminare le tossine che allontanano la possibilità di vivere una vita di relazioni serena e appagante. In questo senso, si può parlare di amore, amicizia e cuore, come di quei valori di umanità oscurati dall’intossicazione, e che solo la guarigione permetterà di recuperare. Anche se, a queste parole, io ho sempre preferito termini meno affascinanti, ma, forse, più affidanti, quali rispetto, diritti e doveri. O, magari, parlando di Francia, il bel trittico di vocaboli che, duecentotrenta anni fa, con la Rivoluzione, aprì un nuova pagina nella storia del mondo.
La seconda cosa importante, nelle parole del Presidente, è stata al condanna a 360° dell’antisemitismo, in tutte le forme in cui esso si manifesta, di destra, di sinistra o di matrice islamica. Parole che dovrebbero apparire di assoluta ovvietà, ma che invece risaltano nella narrazione distorta dell’antisemitismo che viene quasi sempre fatta in Italia, dove alcuni sono disposti a denunciare il fenomeno nella prima delle tre forme evocate (perché, com’è noto, ce ne sono anche altre), ma molti si ostinano a fare finta di non vederlo nelle altre due, anche quando di enormi proporzioni.
Per finire, da elogiare i riferimenti fatti da Macron al patrimonio culturale che dovrebbe costituire le basi della famiglia europea. In omaggio al Paese per la cui rete televisiva stava rilasciando l’intervista, il Presidente ha evocato i nomi di Leonardo, De Filippo, Umberto Eco, così come il Presidente italiano avrebbe probabilmente fatto quelli di Flaubert, Hugo, Balzac, Proust o altri. Ma, alla fine dell’intervista, Macron, rispondendo a una domanda sulla giovinezza, ha citato la frase di un grande visionario al quale – pur non trattandosi, propriamente, di un europeo – l’Europa deve moltissimo, Shimon Peres: “si è giovani fin quando si hanno più progetti che ricordi”. L’Europa di oggi, con zero progetti per il futuro, sembra proprio decrepita, e fa tornare alla mente le parole scritte, alla fine dell’800, da Rainer Maria Rilke: “i re del mondo sono vecchi, e non hanno progenie”. Ma è lo stesso Peres ad ammonirci che è vietato cedere al pessimismo, perché “la vita degli ottimisti e dei pessimisti si conclude allo stesso modo, ma almeno noi ci saremo goduto il viaggio”.
Francesco Lucrezi
(13 marzo 2019)