Ticketless – Nomi, nomignoli

alberto cavaglionSarebbe utile indagare più a fondo sul nome degli ebrei. Nel Piemonte, si sa, è precoce l’omaggio a casa Savoia: Vittorio, Carlo, Amedeo, Emanuele, ma aveva già fatto capolino qualche Bonaparte e più tardi si vedrà pure qualche Crémieux e Dante in secondo nome. Interesserebbe sapere quando e dove si afferma la romanità: Augusto, Giulio, Livio o la grecità (Aristide). Cesare è diffuso in area lombarda, lo ricorda con spirito caustico nelle memorie Cesare Cases. Tanto desiderio di approfondire la questione si è risvegliato in me questa settimana leggendo un piccolo, ma denso libro di Marilì Cammarata (Mandolino Ravenna, negoziante e possidente, Trieste, Ed. del Solstizio), che ricostruisce la storia della famiglia Ravenna a Rovigo fra Settecento e Ottocento. L’autrice non è nuova a questi esercizi. Alla fascinosa storia dei nomi la Cammarata aggiunge notizie e così sulla faccenda altrettanto seduttiva dei soprannomi (o stranomi che dir si voglia). Ci spiega ad esempio dei Ravenna rodigini patrioti, nel cui negozio furono rinvenute pipe tricolori esposte a Venezia, che erano detti “burci” dal nome della barca a fondo piatto in uso per trasporto merci nella laguna.
Ci chiarisce infine la genesi del soprannome Mandolìn e qui la storia del libro si annoda con la mia. Leggendo in treno ho fatto un sobbalzo pensando al mio bisnonno materno di Casale Monferrato, Mandulìn Segre. Nella vita ho imparato presto che non bisogna soltanto puntare agli obiettivi futuri, ma sempre tenere presente da dove si viene. Il punto di partenza non è meno importante del punto di arrivo.
A chi, con il passare degli anni, si fosse affezionato all’autore di questa rubrica suggerisco di andare a rileggere le pp. 35-39 delle Memorie di vita ebraica di Augusto Segre, dove si leggono le stramberie del mio avo, che aveva un altro nome, ma a Casale era detto Mandulìn. Condizionato e messo sulla strada sbagliata dalle pagine spiritose di Augusto Segre avevo sempre pensato che il soprannome derivasse dalla sua vena di anarchica follia. Un mandolino nel ghetto. Cammarata mi ha aiutato a scendere dai tetti del ghetto dove non risuona nessuna nota. Mandolino altro non è che la italianizzazione del tedesco Mendel, a suo volta diminutivo di Menachem.

Alberto Cavaglion