Memoriale di Milano – La rassegna Essere i testimoni del presente
“Annalisa de Curtis ha colto la tonalità etica della mia scrittura. Indubbiamente quello che scrivo ha un vincolo etico ma così come, citando dei maestri, lo ha per esempio il cinema di Kieślowski. Non c’è moralismo ma si richiede un atteggiamento di responsabilità, quello che Euripide chiamava la parresia: essere presenti, portare la propria voce e rispondere di ciò che si dice. Io non invento storie fantastiche ma racconto della mia vita, di cose che succedono attorno a me e lo faccio prendendomi la responsabilità delle mie parole”. L’impegno a testimoniare il presente è il contributo che lo scrittore Mauro Covacich – protagonista dell’intervista di Pagine Ebraiche di Marzo, attualmente in distribuzione – porta al Memoriale della Shoah di Milano: un richiamo etico a rispondere delle proprie affermazioni in una società sempre più incline a non pesare le parole, in cui le affermazioni violente vengono espresse con sconcertante leggerezza per poi essere velocemente ritrattate, modificate o cancellate. L’impegno di Covacich è a dire la verità, la sua verità, assumendosi i rischi. E in questo, spiega a Pagine Ebraiche lo scrittore triestino, c’è un’affinità con il Memoriale della Shoah: “è uno spazio curato, in cui si vede l’intervento degli architetti, sempre leggibile, non è mai nascosto, in cui è stato fatto quasi esclusivamente un lavoro a togliere per ripristinare lo stato iniziale del luogo: una ricostruzione della verità, lasciando spoglie ed evidenti le tracce di quelle verità. Indubbiamente quel tipo di lavoro di smascheramento, di lettura smascherante è molto simile a quello che faccio io nella scrittura”. E di smascheramento, o meglio svelamento e inganno lo scritto ha la possibilità di parlare in occasione della manifestazione “C’era ancora una volta… Attraverso la fiaba, il Museo come Laboratorio del Presente” (23 e 24 marzo) curata da Annalisa de Curtis e Andrea Vercellotti. Covacich è infatti uno degli ospiti della due giornate di incontri, performance, narrazioni, riflessioni e confronto di idee, liberamente aperti alla città di Milano, per suggerire ancora una volta un nuovo ruolo del Museo, luogo di raccolta di frammenti e cronache del passato, ma al contempo Laboratorio del Presente e “fuga magica” come accade nelle fiabe, per raccontare le storie controverse, di un tempo e di oggi e delle possibili progettualità future. A confrontarsi, ospiti autorevoli con background differenti, dall’architetto Stefano Boeri all’ex magistrato Gherardo Colombo, dal giornalista Wlodek Goldkorn allo scrittore Covacich, concentrato – come racconta nell’intervista a Pagine Ebraiche – ad essere un nuovo testimone del presente. Un presente che l’autore de La città interiore guarda con preoccupazione: “siamo sempre più spinti verso l’egoismo, che non viene da ragioni economiche o dalla paura. Almeno secondo me è una semplificazione pensarla così: mi viene in mente Anna Frank che nel suo piccolo nascondiglio, in una condizione di paura, è la prima a pensare che forse c’è ancora spazio per qualcuno, se ci stringiamo un po’… Questo sentimento di altruismo non può aumentare e diminuire a seconda della ricchezza. È proprio cambiato il mondo: oggi la società sceglie l’egoismo, che è molto più semplice, perché non mette in gioco un ragionamento, un processo mentale come l’altruismo. In più con internet e social network si è innescato un processo per cui tutti siamo potenziali protagonisti, possiamo essere vincenti, pronti, seducenti. Le persone sono più consapevoli dei propri diritti, c’è un effetto emancipativo forte. Questa cosa ha avuto un effetto positivo ma nella misura così massiccia e diffusa con cui sta accadendo ha tolto spazio a qualsiasi pensiero altruistico, scompare l’altro dalla tua visione, perché tutto è filtrato attraverso la tua presenza. E diventiamo insensibili all’altro. Purtroppo sono molto scettico che questo processo sia reversibile”.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche Marzo 2019