Casale, i ricordi di Ottolenghi:
“Un tronco in un fiume in piena”
Un pomeriggio nel segno della storia della Comunità ebraica di Casale Monferrato per raccontare, attraverso le vicende del suo testimone più rappresentativo, quella che il vicepresidente Elio Carmi definisce “restanza”: cioè la capacità non di piegarsi di fronte agli eventi e di fare resistenza appunto restando sui luoghi delle proprie origini.
È la storia di Giorgio Ottolenghi, presidente della Comunità dal dopoguerra ad oggi, un “dittatore” come lui stesso si definisce scherzando sul suo caso, unico in Italia, di longevità della carica. Una storia oggi raccolta dagli studenti del Liceo Balbo in un documentario dal titolo “Come un tronco in un fiume in piena” e presentato domenica 24 marzo proprio nelle sale di vicolo Salomone Olper.
Un contributo video che acquista un significato ancora più profondo in un anno in cui si celebrano i 50 anni dal compimento del restauro della sinagoga che proprio Giorgio Ottolenghi e uno sparuto gruppo di Casalesi nel dopoguerra, decisero di far tornare allo splendore degli anni d’oro dell’ebraismo casalese, trasformandola nel gioiello che conosciamo tutti. Restanza appunto.
“L’idea ci è piaciuta subito – spiega il professor Fabrizio Meni, che ha guidato i ragazzi del Balbo in questa impresa – è un progetto scolastico, lo abbiamo girato con pochi mezzi, spesso usando i cellulari e l’audio non è perfetto. Una testimonianza così importante avrebbe dovuto essere affidata ad un tram di professionisti, ma non avrebbe avuto lo stesso significato.
E quale sia il significato lo dice Carlotta Giarola in rappresentanza dei cinque studenti che firmano il lavoro, oltre a lei Corrado Buscaldi, Alberto Guerrera Ongaretto, Luca Islami, Giovanni Morello: “È doveroso per noi fare qualcosa per questa sinagoga, un bene prezioso per la nostra città in grado di tener vive lo coscienze e il ricordo. Intervistare Ottolenghi è stata una lezione di vita; quando una persona ti parla di eventi così lontani spesso non riesci immaginarli. Specie per noi oggi, liberi di scegliere il futuro, ma lui è riuscito a trasmetterci come si sentiva dal 1938 ‘un tronco come un fiume in piena’, travolto da eventi su cui non aveva alcuna influenza”.
E così, con in prima fila lo stesso Giorgio Ottolenghi e la sua famiglia, il pubblico ha potuto godersi una testimonianza che è certamente toccante, ma anche raccontata con arguzia, da un uomo piacevole da ascoltare e che superati i 90 anni non ha certamente diminuito la sua voglia di ricordare e far ricordare. Colpisce appunto il racconto di come le leggi razziste si siano abbattute improvvisamente su una società che all’epoca non faceva discriminazioni. “Tra me e i miei compagni non c’era differenza, a parte il fatto che loro andavano a messa e io in sinagoga”. Ma colpisce anche la modestia con cui parla dell’opera di ricostruzione di una sinagoga che sembrava perduta. “C’erano ragnatele che andavano dal soffitto al pavimento… e poi ci siamo detti: ma anche se la restauriamo poi chi ci va… Io però non ho meriti, mi sono limitato ad aprire la porta”. Il filmato si conclude ricordando un passo del Talmud secondo cui l’Onnipotente non distruggerà la Terra finchè vi sono 36 giusti su di essa in ogni generazione: persone normali, nascoste, ma capaci di preoccuparsi del prossimo. Ecco, il sospetto è che Giorgio Ottolenghi sia uno dei quelli. Una menzione va poi anche alle musiche del documentario che si avvalgono di diversi brani eseguiti dall’Opera dei ragazzi diretta da Erika Patrucco.
E mentre la prossima settimana la Comunità ebraica sarà in trasferta a Matera per l’inaugurazione della mostra dedicata alle lampade di Chanukkah del museo dei lumi di Casale in programma proprio il 31 marzo alle ore 11, aprile sarà anche il mese più intenso per ricordare i 50 anni del restauro della Sinagoga. Il 7 aprile la Comunità ospiterà un piccolo convegno sul tema, mentre 14 aprile è un programma un concerto con cantore davvero speciale.
(25 marzo 2019)