Libertà è responsabilità
Pesach è appena alle spalle e il conteggio dell’ ‘omer è in corso. Tradizionalmente i giorni che intercorrono fra Pesach e Shavuoth sono quelli che ci accompagnano nel passaggio dalla libertà fisica sancita dall’uscita dall’Egitto alla libertà spirituale espressa dalla ricezione della Torah.
Questo passaggio non è del tutto intuitivo e infatti i Maestri commentano così la legge scolpita nelle Tavole della Legge: “non leggere scolpito [charùt] bensì libertà [cherùt]”.
Troviamo una discussione interessante fra rabbì Meìr e i Maestri: uno schiavo preferisce essere liberato oppure no? La risposta sembrerebbe indubbiamente affermativa, come sostengono i Maestri, e alla fine la halakhà viene effettivamente decisa in questo senso. Cosa rende la decisione non così ovvia come sembra? Il fatto che la libertà implica responsabilità. Il Talmud riferisce questa discussione al rapporto dello schiavo con la donna: uno schiavo infatti può avere rapporti con una schiava, ma non sposare una donna libera, e viceversa un uomo libero può sposare solo una donna libera. La facilità del rapporto con la schiava, senza impegno e senza troppi riguardi, potrebbe risultare preferibile agli occhi dello schiavo, soprattutto se questo è ciò a cui è abituato. Ma è l’opportunità di essere liberi, secondo i Maestri, a prevalere (v. TB Ghittìn 13a, Tosafòt ad loc.).
Michael Ascoli, rabbino