Pagine Ebraiche al Salone di Torino“Vietato studiare, vietato insegnare”
Oltre 700 documenti che descrivono come il ministero dell’Istruzione italiana applicò in modo pedante e puntuale le disposizione delle Leggi razziste del 1938. Carte che dimostrano come il mondo della scuola e dell’università sbarrò senza remore le proprie porte a migliaia di concittadini ebrei tra il 1938 e il 1943. A raccontare questa documentazione, raccolta in 285 pagine, il volume Vietato studiare, vietato insegnare (Palombi Editori) presentato al Salone del Libro di Torino e frutto di un lavoro di ricerca sugli archivi del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. “Abbiamo aperto gli archivi del Miur – hanno spiegato lo storico Manuele Gianfrancesco e Vincenza Iossa, responsabile della biblioteca Luigi De Gregori presso il Miur – e attraverso il libro abbiamo ricostruito una mappatura della politica che l’allora Ministero dell’educazione nazionale Bottai mise in campo per estromettere gli ebrei dalla vita culturale del Paese”. Una politica aggressiva che, hanno sottolineato i curatori, non riguardò solo la scuola, ma ogni forma di espressione: librerie, biblioteche, cinema e teatro. “Questo tipo di lavori smentisce una volta di più quella vulgata purtroppo persistente che vorrebbe il fascismo come una dittatura all’acqua di rose, che applicò le Leggi razziste solo per compiacere l’alleato tedesco”, ha sottolineato il presidente della Comunità ebraica di Torino e del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara Dario Disegni, intervenuto assieme al viceministro dell’istruzione Vincenzo Fioramonti alla presentazione al Salone. Disegni ha ricordato come “le leggi contro l’accesso degli ebrei alla scuola e alla cultura precedettero di qualche mese le leggi razziali: questo la dice lunga su quanto colpire l’educazione sia l’arma principale di un sistema dittatoriale per eliminare coloro che sono considerati nemici”. Per il viceministro Fioramonti il libro “offre un insegnamento importante: i totalitarismi cominciano a smontare la società un pezzo alla volta, agendo con spietatezza chirurgica sulla cultura”. “Aprire gli archivi del Miur è stato un atto di coraggio. – ha aggiunto – Sono stati ritrovati scheletri che da anni risiedevano dimenticati nell’armadio della nostra storia e della nostra coscienza nazionale”. Disegni ha ricordato l’esempio positivo delle scuse dell’Università italiana al mondo ebraico per l’applicazione dei provvedimenti discriminatori del ’38: scuse che rappresentano un’assunzione di responsabilità e che sono state fatte, con una cerimonia ufficiale a Pisa, in occasione dell’anniversario delle Leggi razziste. Il presidente del Meis ha poi sottolineato come sia ora che l’Italia intera, rispetto al fascismo, faccia “i conti fino in fondo con questa pagina del passato, tenendo conto degli episodi di intolleranza ai quali assistiamo oggi. I valori della Resistenza, su cui poggia la nostra democrazia, non sono stati conquistati una volta per sempre. Teniamo alta la guardia”.
Di educazione e valori si è parlato anche in un altro appuntamento, questa volta con un’unica protagonista: Rita Levi Montalcini, scienziato Premio Nobel per la Medicina che visse sulla sua pelle le discriminazioni razziali del ’38, che superò i pregiudizi di genere per diventare un esempio positivo per milioni di giovani. A lei la giornalista Carola Vai ha dedicato un’approfondita biografia, Rita Levi-Montalcini, una donna libera (Rubbettino) presentata al Salone del Libro assieme a Disegni e al professor Sergio Scamuzzi, vice rettore dell’Università di Torino, moderati dalla giornalista Ansa, Claudia Tomatis. Innamorata della ricerca scientifica, ma anche appassionata di viaggi, arte, moda Rita Levi-Montalcini dopo i 20 anni e per tutta la vita seguì le proprie intuizioni. E pur non sposandosi, ha sempre affiancato agli interessi personali attenzione verso la famiglia e gli amici superando la lontananza con lettere, telefonate e, appena possibile, visite accompagnate da tanti regali. Questi diversi aspetti vengono raccontati nell’ampia biografia firmata da Vai, che incontrò diverse volte Levi-Montalcini, scomparsa nel 2012 a 103 anni. “Era una donna estremamente regolare e allo stesso tempo irregolare, che si prendeva la libertà di cambiare idea, rimanendo coerente a se stessa”, ha raccontato Vai, sottolineando come l’instancabile curiosità fu uno dei motori del successo della grande scienziata. “Quando penso a lei, mi viene in mente la definizione di Bauman del turista che sta in una società senza appartenervi, che non ne fa parte ma è sempre curioso”, le parole di Scamuzzi, che ricordato come Levi-Montalcini fosse “una vera scienziata. E un vero scienziato non è arrogante, ma costantemente cerca conferma o smentita per la sua ricerca, cerca continuamente il confronto con i propri colleghi, seppur desideri essere un passo avanti agli altri”. Dalle pagine scritte da Vai emerge anche l’impegno sociale di Levi-Montalcini: “non ha mai fatto politica nel senso di quella parlamentare – ha sottolinea Disegni – ma ha sempre fatto alta politica, ha dimostrato un impegno civile e morale assolutamente straordinari. Più volte ricordò che le razze non esistono ma il razzismo sì. Si è battuta contro ogni forma di discriminazione in modo intransigente, lei che assieme alla sua famiglia le discriminazioni le vissero nell’Italia del 1938 sulla propria pelle”.